Il Buddha annovera anche nemici, fra tutti brahmani e asceti. Il più accanito nel contrastarlo risulta suo cugino Devadatta, che tenta anche di ucciderlo. Una volta tenta anche di eliminarlo, spingendogli contro un elefante in un vicolo strettissimo, ma il Buddha fa inginocchiarsi innanzi l’animale con la forza del suo amore. Infiniti sono i miracoli della leggenda di cui si circonda. Dinanzi a sette asceti nella città di Sraravasti che lo contestavano mangia un frutto di mango, spargendone il seme in terra e subito ne cresce un albero immenso, che si piega davanti a lui. Il Buddha si avvale di immagini e di allegorie semplici di grande effetto. Trascorre quarantacinque anni nel predicare la sua dottrina senza sosta nell’India occidentale. Negli otto mesi senza pioggia l’accompagna una turba di allievi; nei mesi monsonici si rifugia in capanne. Origine di tutto il dolore che affligge il mondo è la bramosia che si rinnova ad ogni rinascita, la ricerca del piacere nelle cose terrene, l’avidità. Il distacco assoluto da tutto ciò che si desidera è il nobile ottuplice sentiero della salvezza, della liberazione: retta visione, retta risoluzione, retto parlare, retto agire, retto modo di sostentarsi, retto sforzo, retta concentrazione, retta meditazione.
Gli ultimi anni di vita il Buddha li trascorre in un monastero a Sravasti. Ottantenne convoca i suoi monaci e si avvia alla volta di Kusinagara, fa sosta nel bosco di mango nei pressi di Pava e mangia dei funghi avvelenati fornitigli dal figlio del fabbro del luogo. E’ colto da febbri altissime. Si accomiata dai fedeli. “Dopo la mia morte insegnate il bene, fate del bene, operate nel bene”. Si fa preparare il giaciglio da Ananda, si corica sul fianco destro, con il capo rivolto a occidente. “Monaci, tutto trascorre e perisce. Cercate la verità e mirate alla salvezza eterna”. Poi entra nell’estasi, risale i quattro livelli della meditazione e i cinque stadi della liberazione, sino alla sfera suprema, la non distinzione fra coscienza e incoscienza. Ridiscende i nove livelli sino al primo stadio della meditazione e ripercorre le quattro sfere: il perfetto, il mahaparinirvana, il nirvana finale, l’illuminazione suprema. La terra comincia a tremare e roboanti tuoni si scatenano in cielo.
Per sette giorni i nobili di Kusinagara celebrano le esequie. Avvolto in cinquecento vesti e asperso di unguenti il corpo del Buddha è cremato sulla pira funeraria. Segue la disputa per la spartizione delle reliquie, che sono divise fra i nove regni della predicazione. I nove regni fanno edificare altrettanti tumuli funebri, stupa, sulle urne contenenti le reliquie. Molti altri tumuli vengono eretti nei luoghi sacri.
Buddha non nominò mai un successore, ma sull’interpretazione della parola del maestro si scontrarono diverse scuole: Hinayana, piccolo veicolo, Mahayana, la forma più diffusa nel mondo, grande veicolo, che di consente sia ai monaci che ai laici di arrivare al nirvana (buddhismo settentrionale, a differenza dell’altro, meridionale) ideale supremo la compassione, principio rappresentato dalla figura del Bodhisattva, che rinuncia all’illuminazione permanendo sulle soglie del Nirvana, il Viyinanavada (assertori del pensiero, la corrente filosofica che più ha influenzato i seguaci dell’idealismo buddhista ), l’amidismo giapponese, lo Zen giapponese, il Vajrayana (veicolo delle formule magiche ), la terza grande corrente.
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