Dopo tante chiacchiere il ponte sullo Stretto di Messina sembra ancora di là da venire, sommerso dai dubbi, dalle incertezze, dai “non ci riusciremo mai” e dai predicatori di cattive notizie.
La realtà è che il nostro paese sembra non credere più a nulla, soprattutto a sé stesso. Quando leggo le polemiche pro o contro Salvini e chi lo sostiene per quest’opera penso al 13 agosto 1898 quando ad Iselle di Trasquera, un paesino sopra Domodossola cominciarono i lavori per il traforo del Sempione.
Un progetto che sembrava impossibile in vista dell’Esposizione Internazionale di Milano del 1906 Era l’avvio a un progetto in cui non ci credeva quasi nessuno visti i limiti tecnici dell’epoca: un tunnel ferroviario di quasi 20 chilometri capace di forare le Alpi con una galleria che fino ad allora non era mai stata neppure concepita e che rimase per 76 anni il record del mondo, superata negli anni ’80 da una galleria giapponese sottomarina.
Furono impegnati sui versanti italiano e svizzero decine di migliaia di operai venuti da tutte le regioni italiane. Minatori sardi e toscani, contadini che non avevano mai tenuto un piccone in mano, disoccupati, analfabeti e tanti ragazzi. Solo nelle trincee del Carso ritroveremo fianco a fianco uomini così diversi, ma fusi per un progetto impensabile che sotto i loro occhi diventava realtà.
“Rimarranno schiacciati dal peso di oltre 3.500 metri di roccia sovrastante, saranno strappati via dalle correnti calde del sottosuolo e comunque non si può lavorare a 55 gradi!” Rileggendo i giornali del tempo tutto sembrava impossibile ed invece, neppure sette anni dopo, tutto era compiuto.
Alla fine i calcoli manuali dello scavo (e non c’erano i GPS, computer e i satelliti di oggi!) risultarono perfetti: le due gallerie si ritrovarono esattamente a metà strada, dopo 10 chilometri di buio, con uno scartamento di soli sette centimetri e, su circa 15.000 operai impegnati nei lavori, ne morirono solo 42, un niente rispetto ai più di 200 del traforo del Gottardo.
Ci furono inondazioni, incendi, scoppi, epidemie, ma si corse sempre ai ripari organizzando anche migliori condizioni di vita degli operai che ogni giorno trovavano abiti puliti, toilette semoventi e aspiratori per ridurre la temperatura che superò anche i 56 gradi centigradi. Nacque anche un paese, Balmalonesca, per ospitare migliaia di operai e le loro famiglie, un paese “vero” con case, osterie, la scuola, una chiesa (anzi due, c’era anche quella evangelica) e perfino il parroco, Don Antonio Vandoni, che fu una delle 42 vittime finendo trascinato via dalle acque in piena del torrente Divedra.
Tutto ciò per sottolineare che quando un’opera è davvero voluta si riesce sempre a conquistarla e se per il Sempione furono allora la “piccola” Svizzera e la “povera” Italia fresca di unità (e al tempo non esistevano consorzi e fondi multinazionali, BCE, PNRR ed holding, ma solo fondi privati e buoni del tesoro) anche a Messina – volendolo – si arriverà alla fine. Il ponte sullo stretto non sarà solo un’opera storica ma soprattutto utile, necessaria se si vuole finalmente collegare la Sicilia all’Europa, se ci consideriamo una nazione davvero degna di stare nel G7. Per carità, la Salerno-Reggio Calabria resterà un colabrodo, ci saranno altri mille problemi logistici e tante strettoie, ma almeno si risolva il problema principale e forse sarà più facile risolvere gli altri.
Fermarsi adesso sarebbe ridicolo, anche perché significherebbe ignorare cosa avviene nel mondo. A Dubai trent’anni fa c’era solo sabbia ed oggi il Burj Khalifa è il grattacielo più alto del mondo. Costruzione indigesta agli ecologisti ed opera faraonica ed inutile? Sta di fatto che l’anno scorso è stata la città più visitata al mondo da turisti stranieri superando Parigi
Allo stesso modo da Hong Kong non si va più a Macao in nave o aliscafo ma – volendo – con un ponte di oltre 50 chilometri. D’altronde chi andrebbe a raccontare agli abitanti di Copenaghen di chiudere il ponte con Malmoe, in Svezia, perché non serve, o a quelli di Istanbul che i Dardanelli si dovrebbero ancora attraversare in traghetto? Ormai Europa ed Asia sono connessi con più ponti sul Bosforo senza problemi, così come decine di isole nel mondo.
Anche considerando solo i ponti a campata unica costruire un ponte tra Calabria e Sicilia è nell’ordine delle cose e non ditemi che in Turchia, in Giappone o in Cina non ci siano tsunami e terremoti!
Serve piuttosto più coraggio, orgoglio, volontà per un’Italia “avanti” e non sempre di retroguardia. con magari anche un po’ di “spirito di patria”.
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