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In Confidenza

OLTRE LE APPARENZE

Don ERMINIO VILLA - 11/04/2024

Gabriel’s Oboe nel film The Mission

Gabriel’s Oboe nel film The Mission

Qual è il significato della vita? Una domanda semplice, ma che s’è fatta pressante con il passare degli anni.

Quanto sarebbe migliore il mondo se ciascuno fosse sempre come viene descritto il giorno del suo funerale. Già gli antichi latini affermavano “dei defunti non si parla se non bene”. I romani di oggi sono più graffianti: “Sei più bugiardo de ‘na lapide”. “La fine” ci porta a chiederci quale è “il fine”, il senso, il perché, l’intenzione di ogni nostra azione.

La fine segna il traguardo. Il fine indica il compimento. Ci conceda il “Dio dei vivi” di immaginarci di frequente cosa farebbero i nostri morti, se potessero tornare indietro, ora che hanno visto “come stanno le cose”, per farci capire quanto è importante il fine che sta sotto ogni nostra azione, perché anche come si muove un dito può cambiare la realtà.

Un aneddoto curioso dà la prova di questo. Durante le riprese del film “The Mission” (1986) il geniale maestro Ennio Morricone propose al regista Rolad Joffé sette spartiti per la colonna sonora della scena centrale dove il missionario P.Gabriel attraversa la foresta affidando all’oboe, nel linguaggio universale della musica, invece che alle parole, il primo annuncio dell’armonia del Vangelo agli indigeni.

Nessuno dei brani incontrava però la soddisfazione del regista. Rimettendosi a comporre, rivedendo la scena più volte per lasciarsi ispirare dalla natura, dai colori, dalle sensazioni, il compositore guardò il movimento casuale delle dita di Jeremy Irons e provò a riprodurlo. L’attore non conosceva la musica e non sapeva suonare l’oboe, aveva solo curato l’intensità dei gesti per la sua parte.

Il grande maestro riuscì a trasformare il movimento di un dito, che sembrava persino finto, in “Gabriel’s Oboe”, una delle melodie più famose e intense, perché andando oltre le apparenze, arrivò all’anima divina nascosta, al tocco divino “che fa vivere tutte le cose”. Il fine per l’attore era essere al meglio se stesso, anche se non conosceva come suonare quello strumento.

Quella scelta di qualità nello stile del suo porsi e proporsi era stata capace di generare una musica speciale che diventava Vangelo di vita, linguaggio di comunione, armonia da figli della risurrezione. Tutto cambierebbe se cogliessimo la potenza di ogni gesto. E anche noi scopriremmo tanti piccoli miracoli quotidiani e speciali illuminazioni… [181-dE]

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