Intranquillità. Parola che non avevo mai sentito prima che il filosofo argentino naturalizzato francese, Miguel Benasayag, vi facesse ricorso, inserendola nel titolo del suo ultimo libro “L’epoca dell’intranquillità. Lettera alle nuove generazioni”.
Difficile trovarla nei dizionari più diffusi, solo la Treccani la propone come il contrario di tranquillità.
Sostiene Benasayag che l’intranquillità, diversamente dall’inquietudine, è un sentimento attivo che spinge all’azione, induce a proporre sfide alle situazioni più complesse e difficili del nostro presente, è un sentimento che sprona a non cedere all’inerzia davanti ai comportamenti distruttivi dell’umanità.
L’elogio dell’intranquillità è contenuto nel messaggio in bottiglia, metafora della possibilità di salvezza che giunge dal mare a noi naufraghi, privati delle vecchie certezze e messi alla prova da una realtà nuova non facilmente gestibile.
È il filosofo, che è anche sociologo e psicoanalista, con la sua straordinaria esperienza umana che ci manda in aiuto le sue intuizioni sui gravi problemi che ci affliggono.
Benasayag ammonisce: stiamo perdendo il contatto con il mondo non umano da quando abbiamo ridotto il legame con la natura a un surrogato: animali e foreste sono diventati mezzi per la soddisfazione dei nostri bisogni. Abbiamo perso l’armonia e la sintonia con la natura che per secoli hanno costituito il quotidiano dell’umanità.
Succede che ai giovani che si mobilitano per la salvezza del pianeta, all’interno di movimenti ambientalisti come quelli promossi da Greta Thunberg, alcuni adulti affibbino l’etichetta di “Gretini” perché si lascerebbero condizionare da infondate e catastrofiche visioni sul futuro.
L’uomo contemporaneo appare assorbito dalla cura di sé e quando abbassa lo sguardo sul mondo il suo occhio percepisce solo la superficie degli eventi.
Benasayag da anni si occupa di adolescenti e di giovani adulti: conosce i loro sentimenti di tristezza, di paura e di angoscia che si concretizzano in disagio e in un senso di minaccia emersi con durezza in questi anni segnati da pandemie, guerre e cambiamenti climatici.
Allora quali messaggi, quali riflessioni si possono racchiudere nella bottiglia destinata ai giovani?
L‘invito all’intranquillità, innanzitutto, che si attua in più modi: dall’imparare a pensare e ad agire dentro al caos dell’odierna società, alla ricerca di modalità per far fronte a questo tempo di transizione tra il mondo di prima che sta declinando e il mondo nuovo che tarda ad apparire; dall’avviare un’analisi fortemente critica della società basata sul capitalismo digitale alla liberazione dalla tirannia dell’algoritmo e della prestazione.
Si accetti la fragilità della condizione umana conservando e potenziando l’attitudine all’’intranquillità, che alimenta il desiderio di vita, di gioia, di solidarietà.
L’intranquillità è la risposta che potrebbe muovere al bene il cuore dell’uomo, consapevole che mai si potrà raggiungere uno stato finale di soddisfazione dato che la natura umana è immersa in un continuo divenire.
Siate intranquilli! suggerisce Benasayag. È l’invito distillato da una vita combattuta contro le ingiustizie, caratterizzata da vicende umane dolorose, sospesa e sempre ricostruita con la volontà di inventare, scoprire, spingersi oltre le proprie possibilità per sé e per gli altri.
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