Non è passato neanche un anno da quando le cronache dei giornali italiani e stranieri riportavano la notizia dell’ennesima distruzione di una nave da guerra russa nel Mar Nero. Era il fine dicembre 2023 quando si è saputo che, nella notte tra Natale e Santo Stefano, l’aviazione ucraina aveva colpito e affondato la nave d’assalto Novocherkassk, lunga 110 metri, in grado di trasportare fino a 10 carri armati e utilizzata per lanciare i droni iraniani, che Mosca usa contro Kiev e Odessa (Corsera, 25.12.23). Un capolavoro tattico, per l’Ucraina. Insomma, sembrava l’ennesimo tassello di una possibile controffensiva di Kiev, contro un atto di guerra insano, come tutti gli atti di guerra, ma arricchito da un’arroganza sconsiderata.
C’era la sensazione, flebile per la verità, che ci sarebbe stata una svolta, perché la Russia aveva dimostrato, nei fatti, di non essere assolutamente all’altezza di portare avanti l’invasione che lei stessa aveva iniziato. In un anno di guerra, aveva dato la sensazione netta di essere una potenza pasticciona. Con un comando militare inadeguato, con generali che venivano uccisi spesso in battaglia e coi sopravvissuti cambiati di continuo da Putin, più rapidamente di quanto non si cambino i calzini. Una sequenza impressionante di avvicendamenti al comando delle truppe, che non lasciava spazio a giudizi benevoli nei confronti della supposta potenza russa e nell’esito di quella offensiva.
Adesso, dopo neanche tre mesi da quella brillante operazione, ci troviamo in una condizione diametralmente opposta. L’Ucraina arretra ed è costretta a lasciare nelle mani degli invasori i territori appena riconquistati. Mentre europei e, soprattutto, americani paiono quasi indifferenti di fronte a quel che sta accadendo. E sembra dimenticato improvvisamente l’impegno di dover dare una mano a quel popolo che da due anni si trova in gravissima sofferenza. D’un colpo, siam diventati tiepidi, proprio quando i bombardamenti sull’Ucraina s’intensificano. Nei salotti dell’Unione europea si discute, coi tempi della burocrazia, se rispettare o meno le promesse fatte per l’invio degli armamenti necessari alla difesa. Negli USA il congresso ha bloccato i fondi che portavano avanti l’impegno assunto. E incomprensibilmente s’è fatta avanti la sensazione che la potenza russa, in quattro e quattr’otto, si sia completamente risollevata e sia in grado di minacciare non solo l’Ucraina, ma il mondo intero. Quell’esercito e quei comandi in apparenza del tutto inadeguati, ora, come d’incanto, si sarebbero risollevati dal torpore tipico delle autocrazie e si son fatti minaccia reale. In un lampo, un esercito che ha perso qualcosa come 330.000 uomini, che si diceva male addestrati e ancor peggio comandati, adesso, d’un colpo, si fa pericolo mortale per l’universo mondo.
È vero che le guerre possono avere degli sviluppi repentini e imprevisti. La storia insegna. Ma c’è qualcosa d’incomprensibile in quel che sta accadendo. Un commentatore attento come Lucio Caracciolo, durante una trasmissione in cui si discuteva dell’azzardo di Macron d’inviare soldati europei sul fronte ucraino, ha liquidato la questione con un’affermazione che lascia stupiti. Alla domanda della conduttrice che chiedeva se «siamo in guerra anche noi?», la risposta è stata, macché!, Macron «vuole mandare i soldati in Ucraina e abbiamo munizioni per tre giorni» (Otto e mezzo, 24.3.24). Come a dire, «abbiamo scherzato, gli strumenti di difesa degli stati europei non esistono, è solo fuffa». Francamente, sconcerta e, a naso, è anche poco credibile. Ma s’inquadra in un clima improvvisamente mutato, in cui si fa avanti la convinzione che un conflitto mondiale nucleare sia un fatto quasi inevitabile. Come si legge in un lungo articolo di Domenico Quirico di questi giorni, su «La Stampa», dal titolo «La nuova cortina di ferro e lo spettro dello scontro “inevitabile”» (25.3.24).
Non è che si stiano creando, più o meno inconsapevolmente, le condizioni psicologiche perché diventi accettabile, all’opinione pubblica, un armistizio che non penalizzi la Russia, lasciando che si tenga i territori proditoriamente occupati? Possibile. Il terrore per l’atomica, la cd. “soluzione finale”, può far questo ed altro. Ma, francamente, dovremmo essere ormai maturi per riflessioni più dirette e argomentate. Meno subliminali.
You must be logged in to post a comment Login