Con una solenne cerimonia in Campidoglio a Roma il 25 marzo si è ricordato il 150mo anniversario della nascita di Luigi Einaudi primo Presidente della Repubblica eletto secondo le regole della nuova Costituzione.
Einaudi è stata una delle figure più autorevoli dell’Italia della ricostruzione, uno dei politici a cui si devono, assieme ad Alcide De Gasperi, la decisa scelta occidentale, il ripristino di una efficiente economia di mercato, il rilancio di un’economia aperta innanzitutto all’Europa e l’avvio di una politica sociale moderna.
Per ricordare l’impegno economico e politico di Einaudi non basterebbe una biblioteca. Scegliamo uno tra i tanti episodi che hanno caratterizzato la sua vita. Un particolare significato hanno così i 13 mesi di esilio vissuti in Svizzera tra la fine settembre del 43 e l’inizio di dicembre del ‘44 quando venne richiamato a Roma per assumere la carica di Governatore della Banca d’Italia.
In Svizzera dopo una fuga precipitosa attraversando a piedi uno sperduto passo alpino della Val d’Aosta e dopo i primi giorni di inevitabili traversie per essere accolto e per trovare una sistemazione adeguata, Einaudi poté contare sull’aiuto non solo di moltissimi amici italiani che l’avevano preceduto in terra d’esilio, ma anche della solidarietà aperta e costruttiva delle autorità e degli ambienti accademici e culturali elvetici. In quegli anni vennero tra l’altro organizzate iniziative di studio che videro la partecipazione anche di molti docenti italiani esuli, tra cui uno dei più autorevoli fu proprio Luigi Einaudi.
In quelle lezioni il futuro Presidente della Repubblica italiana fu quasi costretto a spiegare l’economia e la società fin dall’inizio, soprattutto partendo dalle basi pratiche e teoriche del liberalismo e allo stesso modo realizzò un manuale di base di educazione civica realizzato su invito del “Comitato italiano di cultura sociale” che gestiva le lezioni nei campi svizzeri dove erano raccolti oltre ventimila rifugiati italiani. Queste pagine “volutamente semplici e in parte popolari”, come scrisse Einaudi nella prefazione della prima edizione, costituirono la base di quelle “Lezioni di politica sociale” che rappresentano a tutt’oggi una sintesi chiara ed efficace del sano equilibrio tra Stato e mercato prefigurando quel welfare che si è progressivamente costruito attorno al sistema sanitario, alle garanzie previdenziali, al sistema educativo: tutte realtà che vedono necessariamente lo Stato protagonista senza peraltro escludere, anzi sollecitando, l’iniziativa privata anche in questi campi.
In queste Lezioni Einaudi mette così a fuoco i particolari di una solidarietà e di una presenza attiva dello Stato in ambito sociale che non solo non sono incompatibili con le leggi dell’economia di mercato, ma che sono funzionali proprio allo sviluppo di un autentico regime liberale. In una società più equa anche il mercato funziona meglio e può offrire strumenti per rendere più costruttiva l’iniziativa economica e la partecipazione dei cittadini. La solidarietà, secondo Einaudi, è un fattore profondamente coerente con il liberismo: non solo perché esalta la libertà dei singoli, ma anche perché aiuta ad allargare il mercato, a renderlo più aperto e partecipato e quindi efficiente. I liberali, dunque, sono anch’essi a favore un certo grado di intervento dello Stato, tanto che per identificarli «bisognerebbe inventare un altro nome» rispetto a quello di liberisti, «tanto il loro atteggiamento mentale è lontano dal laisser faire, laisser passer».
Le “Lezioni di politica sociale” costituiscono ancora oggi un punto fermo per le idee liberali e per un welfare attivo che aiuti a superare le disuguaglianze. Un punto di sano equilibrio tra le tentazioni da una parte di una eccessiva crescita della presenza dello Stato e dall’altra di una fiducia assoluta in un mercato che invece ha bisogno di buone regole, di corretti regolatori e, se necessario, di adeguate sanzioni.
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