In occasione della Pasqua, il luogo al quale mi pare appropriato inviarvi è rappresentato dalla XI Cappella del nostro Sacro Monte, nella quale si manifesta e si medita il mistero della Resurrezione.
Ancora una volta, prima di entrare nel discorso centrale, mi preme farvi notare l’approccio alla cappella. È allestita una serliana, soluzione architettonica dovuta a Sebastiano Serlio consistente in una apertura composta di due luci rettangolari esterne centrate sulla principale, con arco a pieno centro. La variante introdotta molto probabilmente dal Bernasconi, progettista di tutta la Fabbrica, consiste nel far sprofondare il vano centrale, di modo che una sola persona vi possa prender posto, in ginocchio, come in un momento di preghiera isolato, e contemporaneamente privilegiato giacché alzando gli occhi al cielo possa gustare la visione della volta celeste che gli è consentita dal momento che il cielino in ferro battuto della finestra è stato pensato ed allestito allo scopo. Una ulteriore prova della straordinaria cura con la quale i Deputati della Fabbrica, il progettista e gli artefici dei magistrali ferri battuti hanno voluto operare a regola d’arte e a vantaggio della fede.
Volta che si guarda all’interno, evidentemente la figura del Cristo che vola in cielo è da considerare opera magistrale di Francesco Silva da Morbio inferiore, realizzata nel 1622, con le altre. Le pareti della cappella rimasero dealbate fino al 1650 quando Isidoro Bianchi di Campione d’Italia ebbe incarico di affrescare la gloria della volta e sulle pareti i momenti immediatamente successivi alla Resurrezione: a sinistra, l’incontro della Maddalena con il Cristo nell’orto, che per impropria convenzione passa per il Cristo Ortolano o il Noli me tangere: a destra, Cristo incontra i discepoli sulla strada per Emmaus.
Fino al 1991, quando Carlo Alberto Lotti, che ne curò i restauri, come per incarico di mons. Pasquale Macchi stava facendo per tutte le cappelle, riportò alla luce una scena affrescata alle spalle del Cristo, che il Poloni (restauratore, si fa per dire) aveva oscurato nel 1926 e dintorni. Oggi si apprezza una scena di assoluta rarità iconografica che propone l’Apparizione del Risorto a Maria.
Occorre subito dire che nei Vangeli, né canonici né apocrifi, non è notizia di quell’incontro. Pare che la fonte sia il Carme Pasquale di Celio Sedulio, poeta del V sec. d.C. che così fa cantare: “Il Signore si mostrò innanzitutto al suo sguardo quando si presentò apertamente nella luce, affinché la buona madre…essendo stata un giorno la via per la sua prima venuta, diventasse anche il segno del suo ritorno”. Ricavo la citazione dal mio: Conoscere il Sacro Monte, edizioni Lativa, Varese 0994, pp.79-80, e la prolungo perché convinto di aver scritto discretamente sull’argomento.
“Non so ancora dirvi per quale via più vicina al Bianchi sia pervenuta questa straordinaria illuminazione poetica… Certo è che anch’essa concorre a convogliare l’attenzione del fedele sulla figura della Madre, via per la sua prima venuta, cioè Porta del Cielo.
La scena si ambienta come fosse un’Annunciazione: lo spazio della stanza, l’inginocchiatoio, la veduta sugli edifici della città erano canonici della pittura del Seicento a partire dall’area bolognese fino alla milanese. Intensa è, ovviamente, la variante: alla Madre sgorga dal petto un irrefrenabile moto di accoglienza, talchè, a braccia aperte, si appresta ad andare incontro al Figlio come Elisabetta aveva fatto nei suoi confronti. Più e meglio d’una Visitazione è un secondo annuncio di vita del Figlio”.
Si intende senza filtri la commozione che si deve provare e che i committenti cappuccini vollero che Isidoro Bianchi, da par suo, comunicasse a noi.
La Madonna ci viene incontro come Madre ed il suo incontro va fatto nostro.
Andateci. Buona Pasqua.
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