Qualche settimana ho parlato di Europa ad una classe del liceo classico di Varese. Ho trovato i ragazzi curiosi e interessati. Lo stesso mi capita quando incontro dei giovani in altre occasioni. Dopo di che la stessa domanda. Se questi ragazzi volessero fare qualche esperienza sociale e, perché no, politica, quali sentieri avrebbero davanti a sé?
Via la retorica noiosa e retrograda dei bei tempi che furono. Di bello avevo i miei anni, il resto una faticosissima conquista. Ciò detto allora c’erano i grandi partiti: Dc, Pci, Psi ed altri “laici”. C’erano i sindacati che non facevano solo rivendicazioni salariali. C’erano associazioni di lavoratori come le Acli. C’erano Movimenti studenteschi e di base attivissimi e coinvolgenti con alcune derive estreme ma con dibattiti trascinanti.
Il mondo è cambiato e i paragoni sono fuorvianti. Oggi abbiamo l’Unione Europea invece del Muro di Berlino; più scuole e studenti fino ai 18 anni e anche fino alla laurea; più mezzi di comunicazione e si viaggia di più come insegna la vita di ciascuno di noi.
Ma quali sentieri per provare qualcosa sul piano sociale e politico? Delle cose apprezzabili le vedo ancora nelle iniziative studentesche che mi auguro si sviluppino liberamente; nel volontariato sportivo; nei movimenti dell’ambientalismo che sono un’enorme leva per un futuro sostenibile. Ma vengo a due considerazioni che sento molto.
La prima è sui partiti per come si rivolgono ai giovani. L’approccio lo ritengo sbagliato. Se tu inviti un giovane ad entrare, supponiamo nel Pd, perché così entri in una comunità, quello si mette quasi a ridere in quanto tutto ciò implica un vincolo di “lunga adesione” che è uno scoglio enorme.
Penso che bisognerebbe offrire ai giovani valori e ideali con la consapevolezza che possono essere vissuti in modi diversi. Servono dibattiti liberi dove il dissenso sia accettato e poi segmenti di attività politica anche occasionale ma molto significativi. Penso anche che i movimenti giovanili dei partiti debbano venire del tutto ripensati per accogliere solo i più giovani e non addestrare prevalentemente alla competizione di potere.
La seconda considerazione è sul mondo cattolico che, ha dichiarato recentemente il Cardinale Zuppi su Civiltà Cattolica: “Fa molta fatica a dare un apporto alla cultura e a trovare delle buone modalità espressive”.
Mi chiedo: che fine hanno fatto gli strumenti e le agenzie formative di cultura cattolica che, nel mio e in altri moltissimi casi, hanno rappresentato un passaggio di vita fondamentale? Scomparsi salvo qualche rara eccezione. Eppure questi sono ambienti dove si parla moltissimo della formazione e dell’educazione civile e civica, libera e consapevole.
La conclusione di questo ragionamento non è però pessimistica per una ragione sostanziale. Perché la “materia prima” cioè i giovani disponibili e volenterosi ci sono. E gli strumenti si possono trovare se si esce dal circolo degli ideologismi rigidi e contrapposti.
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