Non so se vi è mai capitato di desiderare un libro e di volerlo subito, in modo da poter iniziare a leggerlo immediatamente, qualunque altra cosa stiate facendo. A me succede spesso, in genere dopo aver letto una recensione favorevole, e molte volte resto delusa. Non questa volta.
Alcuni giorni fa, scorrendo i post su Facebook e pensando, come sempre, che avrei dovuto abbandonare quel social, mi sono imbattuta nel post di un certo Professor X, che, a proposito della lettura e dei classici, diceva le stesse cose che avrei detto io, ma meglio. Scorrendo lo scritto fino fondo, ho scoperto che dietro a quel nickname si nasconde una scrittrice-insegnante, Guendalina Middei, il cui ultimo libro ha un titolo davvero intrigante: Innamorarsi di Anna Karenina il sabato sera. Come non desiderarlo?
Ormai leggo solo su e-reader e se ciò mi toglie il piacere di sentire il profumo della carta, la consistenza delle pagine sotto le dita e quella sottile sensazione di possedere l’anima dell’autore per il solo fatto di vederne l’opera sullo scaffale della libreria, posso però avere a disposizione un libro nello spazio di un click. Così quella sera – erano ormai quasi le 19,30 – ho acquistato l’oggetto del mio desiderio e, impaziente, ho cominciato a leggerlo in cucina, mentre sul gas cuoceva la minestra di lenticchie.
Una rivelazione. È un saggio scritto come un romanzo, per alcuni aspetti autobiografico. La vedevo, Guendalina, in classe a raccontare quelle emozioni, quei sentimenti, quelle scoperte a studenti che pendevano dalle sue labbra a bocca aperta. E in lei vedevo me giovane, quando con la stessa passione e lo stesso entusiasmo – quasi sempre – cercavo di conquistare i ragazzi alla lettura. Alla lettura dei classici, in questo caso.
“Un buon libro non è quello in cui ti identifichi con un personaggio o che ti tiene incollato dalla prima all’ultima pagina, ma quello in cui l’autore ti fa sentire che i personaggi di cui stai leggendo sono persone che avresti potuto incontrare nella vita, magari in treno o mentre aspetti il caffè al bar” dice a un certo punto la Middei e ci guida alla scoperta di alcuni degli autori dell’Ottocento e del Novecento che le hanno cambiato la visione del mondo e di se stessa. Ci racconta Elizabeth Bennet, Anna Karenina, Raskol’nikov, Padre Cristoforo, il principe di Salina e molti altri, persino Gregor, il personaggio de La Metamorfosi di Kafka diventato un gigantesco insetto, come fossero amici, conoscenti, persone che ha ascoltato, cercato di comprendere senza giudicarle.
Ci fa capire come, attraverso il gioco dell’immedesimazione, possiamo accrescere la conoscenza di noi stessi, anche “delle nostre fragilità e delle nostre ombre”. E poi va oltre, perché con i classici non si tratta solo di immedesimarsi nei personaggi: “questi libri […] ti trasmettono il brivido che prova l’esploratore quando, avanzando nella giungla, vede comparire all’improvviso davanti a sé il favoleggiato tempio perduto. […] Il brivido della scoperta”.
Ci ricorda che non conosciamo a fondo le persone che ci vivono accanto, neppure quelle con cui abbiamo maggiore intimità: sono per noi come un oceano di cui vediamo solo l’increspatura delle onde in superficie, ma “noi lettori abbiamo fame degli abissi […], abbiamo “sete di un altro tipo di intimità, di una vicinanza che solo la letteratura è in grado di offrire.”
Con questo slancio, con questo desiderio di scoprire ci svela gli imprevedibili orizzonti che i classici le hanno spalancato e lo fa con uno stile impeccabile, scorrevole, chiaro e soprattutto accattivante per gli studenti che, ne sono certa, ha immaginato di avere davanti.
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