Varese ha un futuro? La domanda suona brutale, ma nel momento in cui entra nel vivo la discussione sul Piano di Governo del Territorio che definirà le linee di sviluppo del prossimo decennio, va posta. Soprattutto n un capoluogo che in 40 anni ha visto calare la popolazione del 12 per cento (oltre 11 mila in meno dal 1980), scomparire o migrare sedi di banche e di aziende. Il tutto mentre decine di migliaia di residenti della provincia (e migliaia della città) prendevano la strada a nord (Svizzera e non solo) per andare a lavorare e/o a risiedere. Le cose sono connesse.
L’affollamento da posti in piedi del Salone Estense il 27 febbraio per l’esposizione delle “linee-guida” del prossimo PGT è indice di quanto il tema sia caldo in città mentre a “parlare” sono non solo le cose dette ma anche quelle non dette e scritte. Al di là delle espressioni, a volte di circostanza, di natura “conservativa” che emergono dai documenti, tipo la città “verde e blu” (boschi e acqua), dell’approccio “dolce” all’insegna della non occupazione di suolo o degli spostamenti “lenti” o degli insediamenti sostenibili lungo la Valle Olona identificata come area produttiva privilegiata, che cosa potrà costituire l’ossatura della città dei prossimi anni e delle prossime generazioni? Come invertire la rotta di un palpabile declino che, vista la sua durata, non è attribuibile a questa o quella amministrazione, anche se quella attuale sta almeno mettendo mano vistosamente al fronte dell’infrastruttura?
Un tema ricorrente è la costruzione i un ambiente “attrattivo”, tale da convincere residenti di altre aree sull’asse Milano – Svizzera a fare di Varese la loro destinazione, fuggendo i costi alti della metropoli e, in alcuni casi pure dell’oltre confine (sta succedendo già a Como). Qui interviene il monito del presidente della Camera di Commercio Mauro Vitiello, imprenditore del digitale: “Non basta essere attrattivi sul piano residenziale, occorre esserlo anche per le imprese e per il lavoro,e servono infrastrutture di trasporto efficienti”. Invitato dal sindaco Galimberti nella serata di presentazione, un esperto di dinamiche territoriali come Aldo Bonomi ha”messo i puntini sulle i” diffidando da quell’idea di “città infinita da Milano a Malpensa, fino al Canton Ticino” che sembra serpeggiare. Per evitare la desertificazione sociale, dice il sociologo, “occorre ridare identità alle comunità, ristabilire le relazioni, valorizzare la piattaforma alpina e quella prealpina”. Insomma – e qui riecheggiano anche moniti del decennio scorso del Cardinale Tettamanzi – attenzione a evitare la città dormitorio e quindi ghettizzata, nella quale si lavora a Milano (o a Lugano) per abitare e consumare a Varese o il ruolo di buen retiro per anziani. “No anche alle suggestioni della logistica dei trasporti se si vuole evitare la sorte di certe zone del Piacentino”, con grandi distese di magazzini che consumano spazio e portano poco lavoro.
Prime conseguenze: nei futuri assetti si dovrà privilegiare il ruolo “metropolitano” di Varese verso il suo territorio, con conseguente dimensionamento di servizi e collegamenti, oppure quello attuale Milano-centrico?
Quel che sembra certo (ma assente nei documenti PGT) è che Varese è al bivio tra crescere o deperire subendo gli effetti dello shock demografico: si rischia l’asfissia, se consideriamo gli effetti su produzione, consumi, domanda abitativa e, naturalmente, pressione sui servizi sociali.
Si dirà: “è un problema generalizzato”, ma non è così, perché la frenata è più rumorosa. Per documentarla abbiamo frugato tra le “statistiche sperimentali” dell’Istat. L’Istituto statistico si è cimentato in proiezioni poco rassicuranti che arrivano fino al 2042, anno in cui i nati di quest’anno diverranno maggiorenni. Ebbene, che cosa emerge? Che se già oggi Varese, con i suoi 78.371 abitanti è la seconda città della provincia, distaccata da Busto Arsizio (83.235) di quasi 5 mila abitanti, questo divario è destinato a salire, perché la prima cala e l’altra sale. Nel 2030 sono previsti numeri rispettivamente di circa 77.800 e 84.300 e nel fatidico 2042 saranno 77.100 e 86.100 (differenza 9 mila). Sale lievemente Gallarate (+1,4% ora del 2030 e + 2,8% nel 2042), stabile Saronno. È messa male Como (-1,9% e -4,1% rispettivamente nelle proiezioni), mentre cresce di poco Lecco ma sale, e in misura importante, Bergamo (+3,8 e + 8,1%). A dominare è sempre il “magnete” Milano, che secondo Istat dovrebbe registrare un +3,3% nel 2030 e un +7,1% nel 2042, quando avrà 100 mila abitanti più di oggi. Sono solo proiezioni, che molti fattori potrebbero modificare, ma quel che emerge è che nelle città di confine Como e Varese nemmeno il frontalierato ha frenato il calo abitativo e che le città crescono se cresce anche il lavoro, possibilmente qualificato.
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