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Cultura

PERCHÉ PINOCCHIO

PIETRO CARLETTI - 08/03/2024

pinocchioPer inaugurare il pellegrinaggio spirituale della Quaresima la Diocesi di Roma ha promosso cinque incontri, dal 21 febbraio al 20 marzo, presso la basilica di San Giovanni in Laterano, condotti dal professor Franco Nembrini, dal titolo: Le avventure di Pinocchio. Ovvero il dramma della libertà.

L’idea di proporre una fiaba fra le mura della cattedrale di Roma, la cui trama è nota a tutti fin dalla più tenera età grazie alle esperienze di lettura scolastiche e alla cinematografia di Walt Disney, non deve sorprendere, piuttosto può destare l’interesse di ciascuno di noi a individuare le ragioni di questa scelta.

Anche se Pinocchio è proverbialmente noto come il burattino mendace, cui cresce il naso a causa delle bugie, la sua vicenda è quanto mai esemplare sotto molteplici punti di vista: egli, all’inizio, somiglia ad un bambino, tuttavia non lo è ancora. La sua umanità embrionale è infatti prigioniera della rigidità del legno, dalla quale si affrancherà grazie alle avventure che lo condurranno a diventare un bambino vero, e ad essere soddisfatto del percorso che ha intrapreso per aver raggiunto quell’obiettivo: «Com’ero buffo, quand’ero un burattino! E come ora sono contento di essere diventato un ragazzino perbene!». Ecco, dunque, l’anima del romanzo di formazione, fondato sulla pedagogia dell’esperienza, ben diversa da quella di Cuore di Edmondo de Amicis fondata sull’autorevolezza e l’esemplarità.

A ben vedere, però, una lettura che non finisce di sorprendere, e giustifica la scelta della Diocesi di Roma, è quella fornita dal compianto cardinal Giacomo Biffi, autore di: Contro Maestro Ciliegia. Commento teologico a «Le avventure di Pinocchio». Biffi, indagando fra le pieghe dell’ordito narrativo, ci guida in un’interpretazione quanto mai profonda del capolavoro collodiano, scoprendo il significato cristiano che innerva la fiaba.

Stupisce come Collodi, ateo dichiarato, abbia potuto scrivere un racconto così intriso di significato religioso, in cui il protagonista, Pinocchio, dopo essere stato generato da un padre che lo ama, è messo costantemente ad un bivio, dinnanzi al quale deve scegliere se tornare da lui, o perdersi, lungo la «strada traversa», assecondando la sua «febbre di curiosità».

Il piccolo burattino sceglierà di allontanarsi dal padre, e così si imbatterà in una serie di avventure e di incontri spesso non raccomandabili: si pensi a Mangiafoco, al Gatto e alla Volpe, e a Romeo, detto Lucignolo, tutte figure losche.

Pinocchio, impiccato alla Quercia grande, rischia la vita, ma si salva grazie all’intervento della Fata Turchina, la bella (incontaminata) bambina (vergine), nella quale non si fatica a cogliere l’allusione alla Vergine Maria ai piedi della croce di Cristo.

Il protagonista della fiaba scampa dal pericolo grazie ad un intervento, benché le traversie che lo coinvolgono non siano destinate a terminare così. Egli incontrerà Lucignolo, salirà sul carro diretto verso il Paese dei Balocchi, finirà nella pancia del Pesce-cane, un po’ come capitò al profeta Giona, ma alla fine riuscirà a trovare il padre, cercherà lavoro e comincerà a studiare, imparerà a risparmiare denaro e a sostenere il padre Geppetto.

Questo libro dalla lunga e travagliata composizione ha riscosso un successo letterario e cinematografico straordinario, fino a diventare universalmente noto, proprio perché tra le sue pagine è contenuta la parabola della avventura umana, che conduce ogni individuo a costruire il suo destino attraverso il dono della libertà, che implica sempre una scelta, una responsabilità. Per questa ragione, Pinocchio, continua a camminare sulle gambe di ognuno di noi, e a riproporsi come un libro destinato non solo ai più piccoli.

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