Quando in medicina non si riesce a inquadrare nosograficamente una serie di sintomi, ovvero a definire una malattia o una sindrome, a partire dalle cause conosciute per poi osservarne il decorso clinico attraverso la terapia mirata, si parla di “malattia rara”. Il 29 Febbraio è stata la Giornata dedicata alle Malattie Rare, un evento mondiale volto a divulgare il più possibile le conoscenze di quadri clinici complessi e a diffondere una maggior consapevolezza su una problematica spesso difficile da districare.
È rara una malattia quando colpisce all’incirca cinque persone ogni 10.000 abitanti – 1 caso ogni duemila -. Nel mondo sono 300 milioni circa, 30 milioni in Europa, oltre 2 in Italia. Un quinto circa sono bambini affetti da patologie rare, che presentano una compromissione neurologica nel cinquanta per cento dei casi.
Le forme conosciute variano da sei a ottomila, quasi tre quarti dei quali ha origine genetica. Il venti per cento ha origine ambientale, infettiva, allergica. Secondo la rete Orphanet il 70 per cento è in età pediatrica, ma solo per il 5 per cento, per ora, esiste una cura.
Per la diagnosi il tempo è lunghissimo, direi anni, numerosi purtroppo. I genitori spesso si rivolgono a molteplici specialisti, ponendo quesiti che riguardano il comportamento, la crescita, lo sviluppo psicomotorio, il linguaggio e molto altro. Il confronto con l’evoluzione degli altri figli, se non si tratta di primogeniti, è palese e ovviamente angosciante, alla ricerca continua di una risposta.
Si tratta a volte di bambini gravi, compromessi, affetti da forme invalidanti, croniche e progressive. Attorno a loro non bastano i genitori, è necessario un supporto socio-sanitario allargato, integrato, composto da professionisti dei vari settori. Anche le associazioni che si battono per i diritti di questi malati, il 29 febbraio si fanno giustamente sentire per diffondere informazioni e conoscenze.
Leggevo che il trenta per cento delle malattie rare è ancora senza nome, ovvero non sufficientemente inquadrato. Le giornate dedicate servono anche a questo, cioè promuovere la ricerca clinica e farmacologica per le malattie di origine genetica e non, onde trovare terapie sicure ed efficaci ma anche una loro definizione.
Anni orsono, di fronte a certi casi complessi, gli accertamenti da effettuare non erano molti. Ora grazie ai progressi della medicina, in particolare della genetica o delle indagini metaboliche, le risposte si intravedono, dando qualche conforto in più ai genitori. Spesso si attendeva, speranzosi, l’evoluzione durante il primo anno di vita considerata la plasticità del sistema nervoso e le intrinseche potenzialità di ogni neonato-lattante. Ora di fronte ai primi dubbi, non si attende, le indagini si effettuano subito.
I genitori, attraverso i “social” ormai hanno nozioni precise e in tempo reale, a volte così rapide da stupire anche i clinici. Sono informazioni che provengono anche da paesi lontani, per raggiungere i quali un tempo era quasi impossibile. Si tratta di un’alleanza tra i genitori e il pool dei medici che segue questo genere di patologia, mirata a una ricerca sempre più approfondita, per il benessere dei propri figli e dell’intera comunità.
In base ai dati del Registro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in Italia sono circa 19.000 i nuovi casi ogni anno segnalati dalle diverse strutture sanitarie. La casistica pediatrica (al di sotto dei 14 anni) evidenzia malformazioni congenite (45 %), malattie sistema endocrino, del metabolismo, del sistema immunitario. Le malattie rare dell’età adulta coinvolgono prevalentemente il sistema nervoso, gli organi sensoriali, il sangue nelle sue varie componenti.
La malattia attuale più rara in assoluto è la Sindrome di Gorham-Stout, nota come “malattia dell’osso fantasma” o “osteolisi massiva idiopatica”. Sono stati descritti 300 casi in tutto il mondo. Forse non viene riconosciuta e quindi sotto diagnosticata.
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