Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Urbi et Orbi

IL PARATUTTO

PAOLO CREMONESI - 01/03/2024

bancoKR16MO è la sigla con cui è stato sepolto a Crotone un neonato. È una delle 94 vittime del naufragio di Cutro, di cui pochi giorni fa abbiamo ricordato il primo anniversario. Un povero e innocente corpo sepolto nell’anonimato perchéé nessuno lo ha reclamato. La maggior parte delle salme sono state rimpatriate nei Paesi di origine; molti sono stati tumulati nei paesi di residenza delle loro famiglie che vivono in Europa (Germania, Svezia, Danimarca, Finlandia), alcuni infine sono stati sepolti a Crotone, a Cutro o nel cimitero musulmano di Bologna.

KR16MO è un freddo algoritmo di lettere e cifre frutto dell’arida lingua della burocrazia ma non così lontano dalla realtà. Ci sbatte in faccia quella assuefazione con cui ormai ascoltiamo le notizie di sbarchi e naufragi, dimenticandoci che dietro il numero dei salvati o degli annegati ci sono singole persone che hanno lasciato la loro patria spinte da guerre fratricide, come in Siria, pulizie etniche come in Medio Oriente, fondamentalismi religiosi come in Afghanistan, fame come in Sudan.

Eppure in questo disumano e cinico groviglio ogni tanto è possibile farsi sorprendere da una storia a lieto fine: come quella di John (nome di fantasia) che abbiamo incontrato tra i banconi del magazzino Banco Alimentare alla stazione Tuscolana dove lavora.

Nel suo paese d’origine, la Guinea, John è uno dei migliori portieri di calcio. Popolare come solo può esserlo un campione, non può tuttavia assistere passivo all’ondata di violenza che permea il Paese. «Lottavo contro le ingiustizie di un governo corrotto – ci racconta dall’alto del suo metro e novanta – e così sono finito in carcere. Mentre mi spostavano da un penitenziario all’altro nel 2007 sono riuscito a fuggire». Le proteste di migliaia di guineani contro il presidente in carica ed il suo lunghissimo e dubbio mandato culminano il 27 gennaio con violenti scontri tra manifestanti e polizia, che causano 90 morti e 300 feriti. Davanti ad un paese sull’orlo di una guerra civile John decide di lasciare la Guinea. «Sono finito prima in Senegal, poi a Roma – prosegue – Ero solo e ho dormito per tanto tempo al freddo della stazione Termini. Non conoscevo la lingua. Ero scappato dalle ingiustizie ma ora trovavo anche in Italia le stesse contraddizioni, la stessa indifferenza verso i più poveri».

Una sera davanti a uno dei tanti bivacchi che gli immigrati allestiscono sotto le tettoie della stazione, parlando in francese con alcuni stranieri, un connazionale lo riconosce: «Ma tu sei… il portiere! Sei forte!». Da li’ inizia una storia di riscatto.

Grazie a quella persona infatti John riesce ad entrare in un centro di accoglienza e a fare domanda di asilo politico. Entra nella squadra di calcio dei rifugiati. Segna 23 gol in 18 partite. Impara l’italiano, prende la patente e grazie all’interessamento dei volontari del centro ottiene un primo stage all’IKEA, Ma la sua grande passione non smettere di bruciare sotto la cenere della vita quotidiana. Appena può entra in un campo di calcio: «Nessuno conosceva il mio passato da portiere. Poi un giorno durante una partita mi sono fatto male. L’allenatore per precauzione mi ha mandato tra i pali è lì ho stupito tutti parando ogni pallone» racconta compiaciuto.

Nel 2010 John entra in contatto con la realtà del Banco Alimentare. «Qui guido i camion e consegno il cibo a chi ha bisogno. È un lavoro che mi è congeniale: ho vissuto quella stessa fame e per questo voglio continuare ad aiutare». John rimane nel Banco anche negli anni più difficili come quelli del Covid: «Sapevo che se fossi andato via avrei messo i miei colleghi in difficoltà: come avrebbero fatto a trovare un sostituto? E tutte le persone a cui portavamo aiuto? No, dovevo restare».

Sono passati sedici anni dal suo arrivo a Roma e oggi John è cittadino italiano. Dipendente del Banco Alimentare il suo sorriso è contagioso ed anche se le difficoltà non mancano «quando entro in campo mi dimentico di tutto» conclude ridendo.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login