Varese annovera tra i suoi cittadini tre Giusti, nominati tali dallo Stato di Israele: Calogero Marrone nel 2013 e i coniugi Silvio e Lidia Borghi nel 2022.
Alla loro memoria e a quella dei 27.000 Giusti del mondo intero è dedicata la Giornata Internazionale del 6 marzo. Il riconoscimento di Giusto è l’onorificenza attribuita ai non ebrei che aiutarono gli ebrei negli anni delle persecuzioni nazifasciste, disinteressatamente e a proprio rischio e pericolo.
La definizione di “Giusto fra le Nazioni” risale al Talmud, testo fondamentale della religione ebraica dove si recita anche: “Chi salva una vita salva il mondo intero”. I Giusti in Italia sono più di 700, pochi se si pensa a quanti italiani operarono per la salvezza degli ebrei, ma il loro numero non ha un rapporto diretto con la quantità di aiuti forniti dalla nostra nazione.
L’ente israeliano Yad Vashem, “un nome e un monumento”, assegna l’onorificenza soprattutto agli individui le cui storie di solidarietà e di misericordia sono state recuperate sulla base delle testimonianze dei sopravvissuti e dei testimoni oculari o di documenti attendibili. All’interno del Memoriale sorge un grande giardino nel quale, prima che lo spazio venisse completamente occupato, per ogni Giusto veniva piantato un albero. Oggi ogni nuovo nome viene inciso nel Muro d’onore eretto a tale scopo nel suo perimetro.
Ai piedi degli alberi i visitatori possono lasciare un sasso: alberi e sassi sono simboli del ricordo di una persona cara, ma in particolare l’albero resta il simbolo del rinnovarsi della vita e della sua crescita.
Del Giusto tra le Nazioni Calogero Marrone la nostra città onora e cura la memoria. Grazie anche al lavoro storico di Franco Giannantoni e all’impegno dell’Istituto che porta il suo nome, Marrone è un Giusto conosciuto e riconosciuto a livello nazionale per aver aiutato, nel suo ruolo di capufficio dell’Anagrafe del Comune di Varese, alcune famiglie di ebrei a raggiungere la Svizzera.
I documenti che produceva a rischio della vita entravano a far parte del circuito di un’ampia rete di solidarietà sostenuta da antifascisti e da persone di buona volontà. Per le sue azioni fu arrestato, incarcerato e deportato a Dachau dove morì nel febbraio del 1945.
Invece ai Giusti Silvio e Lidia Borghi, coniugi originari di Mirandola, è stata concessa una lunga vita serena nella città che avevano scelto per lavorare e crescere i figli. Ora riposano entrambi al Cimitero di Velate. Per molti anni la loro storia rimase sconosciuta. La figlia Elsa sapeva dell’esistenza di fotografie e lettere conservate dai genitori, ricordava gli anni della guerra e delle persecuzioni contro gli ebrei, raccontava delle persone che erano state nascoste nella loro casa colonica con cui divideva la difficile vita di guerra.
Nel dopoguerra i Borghi avevano custodito le vicende di quegli anni dentro la propria cerchia familiare. Consideravano l’aiuto che avevano offerto ai fuggiaschi una giusta e normale forma di condivisione tra persone che si ritrovavano a vivere tempi duri.
Quando le persecuzioni si fecero più stringenti e il pericolo per la famiglia ebrea dei Talvi Almoslino si fece più vicino, fu necessario spostarli altrove. Grazie ai rapporti di amicizia con alcuni antifascisti di Cernobbio fu organizzata la loro fuga in Svizzera.
Alice, la giovane donna del gruppo familiare che era incinta all’ottavo mese, partorì il piccolo Samuel a Mendrisio. Per lungo tempo i legami epistolari tra i Borghi e i Talvi Almoslino continuarono finché dalla Svizzera la famiglia si spostò in Francia fino ad approdare in Israele.
Il lungo percorso che ha portato al ricevimento dell’onorificenza di Giusti tra le Nazioni si è concluso con l’incontro a Varese tra la loro figlia Elsa e l’ottantenne Samuel, il salvato, accompagnato da figli e nipoti. Commosso ha esclamato: “Io sono qui con la mia discendenza grazie ai vostri genitori!”
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