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Zic & Zac

STRITOLATI

MARCO ZACCHERA - 23/02/2024

agriSecondo “Termometro Politico” il 54% degli italiani considerano giuste le proteste del mondo agricolo e un altro 18% critica alcune forme di protesta, ma ne condivide le motivazioni.

Questo mondo “verde ma non green”, tra l’altro, comprende benissimo che la Meloni è in linea con le loro richieste – almeno quelle più ragionevoli – ma tutti sanno che il governo si muove su un terreno difficile, perché Bruxelles è pronta a negare parte di quello che Roma sarebbe anche disposta a concedere.

A livello europeo la protesta sta sottolineando la profonda spaccatura tra i vertici dell’Unione e la realtà di milioni di cittadini danneggiati proprio dalle a volte assurde ed elitarie (o utopistiche) politiche comunitarie.

Una specie di alleanza sociale diventa così anche alleanza politica, cementata dalla difficile gestione concreta della PAC (Politica Agricola Comunitaria) legata a troppi interessi contrapposti sia a livello mondiale che continentale e perfino a livello italiano, visto che le categorie agricole sono moltissime e spesso con interessi palesemente contrastanti.

Questa generale simpatia scatena anche una specie di gara a chi rappresenti politicamente una categoria che, da ex feudo DC, è ora in maggioranza schierata a destra e quindi utile bacino di voti soprattutto in vista di giugno.

Ecco quindi una corsa ad intestarsi meriti tra la Meloni e Salvini per le esenzioni IRPEF anche se, diciamocelo chiaro, di imposte gli agricoltori ne hanno comunque sempre pagate pochine.

In Europa ciascun governo ha sempre giocato in chiave interna e, per esempio, contando di più in termini di numero di votanti l’agricoltura centro-europea ha goduto di più attenzione delle culture mediterranee, ma cambiare la rotta degli aiuti è oggi difficile.

Come fondamentale diventa la questione dei finanziamenti: l’agricoltura impone investimenti (e finanziamenti) a lungo termine ma la terra non può rendere interessi così alti da poter rimborsare i tassi stabiliti dalla BCE e chi si indebita è perduto.

Lo stesso per le scelte ecologiche, che possono anche essere anche perfette, ma si scontrano con le necessità concrete, reali, pratiche di chi lavora in agricoltura .

Su questi temi il governo vorrebbe contare di più, ma in Europa il mondo agricolo è ovunque sul piede di guerra e in tutti i Paesi vengono al pettine politiche agricole spesso assurde dove – per esempio – per sostenere i prezzi si distruggono coltivazioni e prodotti perché conviene di più ottenere l’incentivo comunitario che coltivare.

L’agricoltura europea si ribella a una politica agricola comune che alla fine costa moltissimo alle casse comunitarie ma non risolve i suoi problemi. Alla fine sembra che le norme vadano bene solo per le grandi multinazionali che anche in questo campo sono le privilegiate da Bruxelles, non fosse perché hanno strutture burocratiche capaci di intercettare la gran parte dei contributi ai danni delle piccole imprese che invece restano a mani vuote.

Eppure l’agricoltura conta non solo economicamente ma anche per identificare un mondo, una civiltà, una cultura che già è in via di potenziale estinzione. Anche per questo il governo Meloni vorrebbe coltivare un ruolo privilegiato con questo mondo, grimaldello identitario che può contribuire domani a far saltare il banco (politico) a Bruxelles. Si rischia grosso, però, perché – come ogni giorno per la globalizzazione produttiva, l’ambiente alterato e i pesticidi spariscono tante specie di insetti – così altrettante aziende agricole italiane ed europee scompaiono, spesso sommerse proprio da quegli stessi obblighi “green” che dovrebbero aiutarle.

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