Salvini vuol chiarezza sul caso Navalny. La fiaccolata romana cui infine ha spedito anche i suoi, non è stata sufficiente a dargli lumi. Neppure la condanna dei ventisette Paesi Ue al regime putiniano. Nemmeno lo sdegno che circola per il mondo democratico verso questa storiaccia di niet alle dissidenze. Ai dissidenti. Aspettiamo nel tirare conclusioni, dice Salvini: ci sono medici e giudici incaricati di farci sapere la verità. Come no. Tutti sanno di quale libero arbitrio godono medici e giudici in una dittatura. Non solo loro, ovvio.
Risultato: contro il vicepremier e leader della Lega si rivoltano perfino gli alleati di governo. Addirittura i militanti della Lega. Non tutti, certo. E sottotraccia, si capisce. Ma lo stupore dilaga. E politicamente è la cosa peggiore. Stupore perché un simile mood isola Salvini in Italia e in Europa, lo emargina, ne fa un problema. Fuori del partito, dentro il partito. Rammendate in qualche modo le vecchie polemiche sugli entusiasmi del leader verso il neo-zar, questo era il momento (almeno) di star schisci, così si dice nel cerchio lombardo del segretario. Invece lui procede al contrario: ogni giorno, anziché privilegiare cautela/saggezza/silenzio, dà fuoco alla chiacchiera più sbrigliata e sbagliata. Quanti consensi crede di conquistare a ‘sto modo? Lo ritiene forse un’occhiuta strategia per recuperare sulla Meloni? E s’è fatto magari l’idea che alle amministrative ormai prossime (domenica si va alle urne in Sardegna, nel mese venturo in Abruzzo, poi toccherà ad altri capoluoghi di regione e a molti comuni) sia premiante l’ambiguità su un tema dove il grigio non esiste, o bianco o nero, o libertà o repressione?
Il primo a dirsi basìto degli ondeggiamenti salviniani è Umberto Bossi. Nel giro di quindici giorni ha presieduto un paio d’incontri nella villa di Gemonio, radunando leghisti della vecchia guardia. Alcuni han dato vita ad associazioni che si richiamano alle origini del Carroccio, orsono quarant’anni. L’idea del Senatùr è di convincerli a evitare la balcanizzazione del mugugno. Se il partito va cambiato -e lui ritiene che debba esserlo- bisogna cambiarlo dall’interno, non dall’esterno. Ci vuole la forza persuasiva di un opinionismo alternativo alla linea attuale, ma si cristallizzerrebbe in una fragilità di nessun vantaggio se non imboccasse la strada maestra della dialettica interna. Congresso, congresso, congresso: ecco la linea. Si ignora se Bossi sia riuscito a convincere i vari Leoni, Castelli, Grimoldi eccetera; si sa che Salvini non è riuscito a convincere nessuno. Né prima delle esternazioni su Navalny, né tantomeno dopo. Anche lui ha i suoi oppositori. Eretici. Ribelli. Dissidenti. Ah già, ecco la parola giusta.
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