Non so quante volte abbiate percorso la via sacra delle Cappelle del Rosario, che noi sbrigativamente chiamiamo il Sacro Monte, non di Varese, ma sopra Varese.
Più di una volta ma, forse, non sempre nel modo più appropriato.
Per esempio, vi siete mai inginocchiati davanti ad ogni finestra che lascia vedere il mistero rappresentato dalle statue in terracotta e dagli affreschi di contorno?
Inginocchiarsi è anzitutto un modo appropriato e dovuto per una salita di preghiera, e non di amabile discorrere con i cani al guinzaglio.
Poi, da inginocchiati il vostro sguardo è portato a trovarvi all’altezza giusta per condividere la rappresentazione del mistero. Vero è che un mistero non si può rappresentare ma farlo intuire, suggerendo modalità di approccio come abituarsi alla luce del giorno, e non a quella elettrica, per tentare di configurarsi l’atmosfera mistica del “contenuto”.
Avete fatto caso che non in tutte le cappelle v’è una sola finestra, di solito la principale, ma almeno tre, a seconda del mistero rappresentato e portato alla vostra meditazione?
Nella seconda cappella, della Visitazione, a mano a mano che si sale ci si imbatte nella prima finestra, che lascia avvertire una piccola carovana di persone che accompagnano Maria in visita alla cugina Elisabetta. Nella seconda, centrale, si vede l’incontro tra le due donne: la madre di Giovanni il Battista e la madre di Gesù. All’ultima, si vede Zaccaria uscire dalla soglia della casa per confermare l’accoglienza di Maria.
Quanto volte, accompagnando in visita alla salita gruppetti di persone, ho visto alcune di loro precipitarsi alla finestra conclusiva ed appoggiarsi allo stipite, restando rigorosamente in piedi, come affranti dalla fatica di essere pervenuti alla Seconda Cappella, e ciò dopo aver loro rigorosamente anticipato le modalità della salita come sopra ho scritto!
A proposito della Seconda Cappella. È stata costruita a sbalzo dalla strada acciottolata, verso valle, con un basamento di forte risalto. Ciò perché dalla parte opposta la vena di roccia aveva sconsigliato il Bernascone, magistrale progettista del complesso, di perdere forze e tempo a combattere la natura e librarsi, invece, verso valle. Ciò gli impedì di costruire davanti alla cappella un adeguato pronao, anche per non coprire la veduta diretta della Terza, ma se ne giovò perché isolando in piena luce il volume della Cappella significativamente non aprì tutte le aperture possibili, ma soltanto una, in alto, verso mezzogiorno perché dai Vangeli si sa che l’incontro di Maria con Elisabetta avvenne a sole alto in cielo, e chi avesse la cura di salire sul mezzogiorno vedrebbe il raggio solare colpire le due donne che vanno l’una incontro all’altra. Sono finezze che denotano l’alta cura dei nostri antenati nel formulare il messaggio della salita di preghiera e mettono in discredito la nostra desuetudine ad avvertirlo e a tenerne conto.
Così, nella Sesta Cappella, dell’Orazione nell’orto di Getsemani, l’ora della preghiera di Gesù è notturna, a lume di luna, ed acconciamente fu aperta nella volta una finestrella per captare quel lume e condurlo sul viso del Cristo. Certo che non si deve salire soltanto in piena luce diurna, ma valutare l’opportunità di fare una salita notturna.
Infine, nella Decima Cappella, della Crocifissione, si verifica un “mistero” inatteso, ineffabile.
Scrive l’Evangelista Matteo (27,45-46): “Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: Elì, Elì, lemà sabactàni? che significa : Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
Lo scultore milanese Dionigi Bussola, nel settimo decennio del 1600, plasticò tra le altre statue quella del Cristo che sta per essere sollevato sulla croce prima che la stessa venga infitta nella roccia. Lo realizzò facendogli volgere intenso volto e viso verso la luce che improvvisamente squarcia il cielo e penetra per due finestrelle aperte nella volta della cappella al precipuo scopo di captare la luce e condurla sul corpo del crocifisso. La riprova sta nel fatto che io suggerii all’amico, validissimo e sensibile fotografo Vivi Papi, nel periodo pasquale del 1978, di recarsi alla Decima verso le 15 del pomeriggio del Venerdì Santo, allora 17 aprile, e questi ne cavò una magistrale immagine a luce naturale che lascia esterrefatti.
L’invito è di farne esperienza per il prossimo Venerdì Santo per vedere come si manifesta il solenne, terribile momento della Crocifissione.
Andateci.
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