La storia dei trattori dimostra/conferma l’approssimazione di cui vive la politica italiana. Nella circostanza, anche la politica europea. Chi sta a Chigi e chi fuori han comiziato nei mesi scorsi su di tutto. Problemi vari, alcuni importanti, altri meno. In aggiunta, chiacchiere di scopo propagandistico, giusto utili a muovere ondate d’emozione sui social.
Ma dell’agricoltura, dei suoi problemi strutturali, dei disagi degli operatori di settore, eccetera, nessuno che avesse fatto cenno. Oggi ne fan cenno tutti, bongré malgré. E non esitano a ribaltare opinioni espresse sino a pochi giorni fa. Caso italiano: dopo averla aumentata, si corre a ridurre l’Irpef agl’inguaiati da un eccesso d’oneri fiscali. Di seguito, un ritocco ad agevolazioni varie. Caso europeo: la svolta green vien raddrizzata dalla presidente della Commissione in persona, e ci si rende conto che va bene cambiare il mondo, ma con juicio. Piano piano. Il caso italiano e il caso europeo risentono delle elezioni (8/9 giugno) che insedieranno il nuovo Parlamento di Strasburgo e quindi il nuovo esecutivo di Bruxelles. Dunque attenzione massima all’umoralità degli elettori. Ovvero: il populismo ha diverse facce, riempie le piazze e abita i palazzi.
Questo nel presente, dove le urne prossime/venture incitano a cogliere l’attimo. Nel passato, miope visione sul futuro. Nessun dubbio che l’ecorivoluzione, iniziatasi su molti versanti, debba procedere. Tuttavia con progetti che rinnovino senza escludere. Promuovano senza penalizzare. Ammodernino senza intimorire. E questo non sempre/quasi mai succede. Il motivo: si va alla ricerca del consenso facile, scegliendo l’argomento utile all’individuazione d’un nemico e dunque alla conquista del favore dei più. Il resto aspetti pure. Esempio semplice, quello dell’immigrazione: l’ideale per affermare spirito identitario, nazionalismo, storiche radici eccetera. I consensi ai chiusuristi piovono. Ma se vi fosse un aperturismo sociale/economico verso cervelli e braccia indispensabili all’Europa di domani, la spirale dei tanti problemi che ci affliggono si fermerebbe.
Invece no. E ora a non fermarsi sono stati i trattori, marcianti sulle strade dell’approssimazione di cui vivono la politica italiana e la politica europea. Nessuno può tirarsi fuori dal campo (è il caso di dire) della responsabilità, delle contraddizioni, degl’indugi a pianificare secondo intelligenza e buonsenso. La prima gode ormai del supporto artificiale, e la cosa ci è di conforto; il secondo no, e la cosa ci è di sconforto. L’agricaos appare il simbolo di un’epoca.
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