Nell’ultima intervista aveva espresso un desiderio: “Spero di essere ricordato per il lavoro di documentazione che ho svolto sul mio paese, Albizzate. In parte mi è già stato riconosciuto nel 2014 con il premio conferito ai cittadini che hanno meriti artistici e culturali. Io resto un fotoamatore innamorato del mio paese e sono felice di questa benemerenza”. Franco Restelli, 84 anni, grande fotografo varesino che con i suoi scatti ha raccontato il luogo natio e le seduzioni della montagna, dal Nepal alla Terra del Fuoco, dai villaggi walzer ai Sacri Monti e alle Dolomiti, è mancato il 26 gennaio lasciando una tangibile eredità anche a chi non l’ha conosciuto.
È l’archivio di oltre 30 mila scatti da cui ha tratto il lavoro forse più importante della sua carriera, i due volumi fotografici sulla storia di Albizzate a cui ha dedicato vent’anni di vita. “Sono un vecchio nostalgico che resiste alla tentazione del digitale perché la fotografia analogica ti consente di raccontare ciò che vedi”, spiegava. L’immagine più fortunata la scattò in un vecchio angolo di Albizzate una mattina di nevischio. Era un affresco di sant’Anna immortalato da Restelli prima di essere abbattuto dalle ruspe di un cantiere. Il 25 luglio, quando tutto il paese festeggia sant’Anna, il corteo passa davanti alla gigantografia issata in strada, come fosse un altare.
Restelli si può definire uno storico per immagini. Nel 1985 gestiva il gruppo fotografico di Albizzate e cominciò a raccogliere vecchie istantanee in bianco e nero di tutte le misure, anche quelle con i contorni zigrinati anni ‘50. La gente gli dava ciò che aveva nei cassetti, rastrellò duemila foto e 150 cartoline d’epoca, un patrimonio di cultura locale. Lui selezionava le migliori e ne riprodusse 1200 in formato 6×6 con obiettivo Zeiss Un lavoro certosino. Da lì nacque l’idea di pubblicare il primo libro fotografico con cento immagini per l’editore Macchione e di inaugurare la mostra degli ingrandimenti nella sala polivalente in piazza della chiesa.
Albizzate ha cinquemila abitanti e ci fu la fila all’ingresso per quindici giorni. Il libro andò a ruba, un successone. Tutti gli anziani di oltre 80 anni ricevettero una copia omaggio ed esaurita la prima edizione del ‘95, nel 2000 andò in stampa la seconda con cento nuovi scatti. Seguirono esposizioni e conferenze, sempre affollate, con immagini vecchie anche di un secolo. La gente riconosceva il nonno, il bisnonno, la prozia. Fu una vera festa popolare. Nel 2010 Restelli ne ricavò anche un libro storico a cura di Robertino Ghiringhelli con testi di vari autori a corredo di 130 immagini. Un’opera di cui andava molto fiero.
Altre belle pubblicazioni il fotografo realizzò con i testi di Paola Viotto e di Teresio Valsesia. Per molti anni è stato un fedele Amico del Sacro Monte di Varese e, con Rosalba Franchi, ha pubblicato il bellissimo “Sacri Monti d’Italia e Svizzera” sempre per l’editore Macchione. Raccontava: “La prima volta che chiesi di poter entrare a fotografare le sculture di terracotta nel viale delle Cappelle mi sentii rispondere “di libri ce ne sono già tanti”. Allora mi sono arrangiato, ho aspettato l’inverno, di sera, quando il custode accende la luce artificiale ed è possibile fotografare gli interni inquadrandoli da fuori con le pellicole adatte”. Positivo, tenace, fantasioso.
Restelli lascia la moglie Angela Caruggi, la figlia Cristina e il nipotino Federico. In carriera ha raccolto l’archivio del Gruppo fotografico di Albizzate e un secondo archivio personale di negativi. Nell’ultima intervista concessa alla rivista degli Amici del Sacro Monte ha dato anche un’indicazione: “Forse lascerò il mio archivio al Comune di Albizzate. La Pro Loco ha già iniziato da tempo un lungo corteggiamento e io nel frattempo lo metto a disposizione dei redattori de “La Voce”, il giornale locale che esce tre volte l’anno. Così come fornisco scatti d’arte sacra alla parrocchia per la rivista “Insieme”. Un’indicazione da interpretare come la sua volontà?
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