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Attualità

FUORI PISTA SINO A QUANDO?

CESARE CHIERICATI - 01/02/2024

velodromoSono passati dieci anni esatti dalla chiusura del Velodromo varesino Luigi Ganna, la bella pista in cemento (446 metri di lunghezza) che abbraccia, a cielo aperto, lo stadio Franco Ossola. Venne ufficialmente dichiarata inagibile per ragioni statiche ad una delle due curve. Oltre ad alcuni appassionati è stato, qualche settimana fa, il presidente della Federazione ciclistica italiana, Cordiano Dagnoni a richiamare l’attenzione sul rischio di una possibile demolizione dell’impianto all’interno di un progetto di rigenerazione/demolizione del vecchio stadio e delle aree circostanti (vedi RMFonline del 17 e 24 /11/2023).

Naturalmente Dagnoni, figlio del mitico Mario, re degli stayers italiani ai tempi delle gare in pista dietro motori, ha indicato un’altra strada, quella di una ristrutturazione morbida e conservativa del campo di calcio con una rinnovata attenzione all’anello di cemento oggi in stato di semi abbandono. Per essere chiari sulla falsariga di quanto avvenuto di recente a Crema. Chiuso dal 2011 il locale Velodromo, intitolato al grande velocista anni sessanta Pierino Baffi, è tornato a nuova vita grazie alla tenacia trasversale delle amministrazioni locali, della Federazione ciclistica e del Coni. Da un bando promosso da quest’ ultimo ente sono arrivati 1,8 milioni di euro. Filippo Ganna, re dell’inseguimento, del cronometro e recente recordman dell’ora, visitando il secolare impianto ubicato al limitare del centro storico di Crema, ha detto che si tratta di un primo passo per far nascere nuovi talenti nelle disciplina della pista, un tempo considerata un passaggio propedeutico alla strada per quasi tutti i lavoratori del pedale.

Per non alimentare attese irrealistiche dalle colonne della Prealpina il numero uno della Binda Renzo Oldani ha precisato che il ripristino della pista è fattibile e sarebbe un valore aggiunto per Varese e per il nostro ciclismo, ma che il vero nodo sta nelle gestione e nei relativi costi che neppure una società importante e ben organizzata come la Binda stessa sarebbe in grado di accollarsi.

La prima domanda cui rispondere è dunque se si vuole ancora la pista (la proprietà è del Comune) e se ci sono sponsor interessati al rilancio di una tradizione sportiva che ha portato non poco lustro alla città giardino, prova ne sia che nei primi anni sessanta la pista venne ristrutturata secondo un progetto firmato e realizzato dall’impresa Caravati. Anni in cui oltre al basket anche il Varese calcio brillava di luce propria e la Ignis di Giovanni Borghi metteva su strada e su pista atleti come lo sprinter spagnolo Miguel Poblet e il re della velocità Antonio Maspes, sette maglie iridate in bacheca. Un crescendo fino ai Mondiali di ciclismo del 1971: strada assegnata a Mendrisio e pista a Varese.

In verità tre anni prima il Luigi Ganna era già entrato nella storia del ciclismo durante i campionati italiani quando in diretta televisiva si consumò il surplace più lungo di tutti i tempi. Si giocavano la semifinale della velocità due atleti di alto livello, protagonisti a Olimpiadi e Mondiali: Sergio Bianchetto e Mirko Pettenella. Rimasero incollati al cemento per 62 minuti, uno alla corda l’altro alla balaustra, finché il primo stremato dalla fatica e dalla tensione non si accasciò al suolo. Nella circostanza venne battuto il record di surplace detenuto da Maspes con 60 minuti.

Ai mondiali di Masnago’71 nel quartetto azzurro che si impose nell’inseguimento a squadre alla Germania Est, primeggiò la stella di Luciano Borgognoni, varesino a tutto tondo, la freccia del Velo Club Varese, l’altra sponda ciclistica della città e rivale coraggiosa della storica Binda. Insomma un passato di tutto rispetto che poche altre città italiane possono vantare, evocato nella primavera del 2016 da una suggestiva mostra, “Storie di uomini e biciclette” allestita al Sacro Monte da Carla Tocchetti e Lorenzo Franzetti. Fra i visitatori furono 500 a firmare per il recupero della pista.

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