La Notizia (enne maiuscola) è che abbiamo trovato l’arcitaliano al contrario. Il miracolo lo fa Jannik Sinner. Un grande del tennis, e va bene. Ma non solo: un grande della quotidianità. Inutile sproloquiare di quant’è bravo sul campo: il mondo dei media è inondato del celebralismo, ovazioni smodate fino all’iperbole, in onore del campionissimo. Utile sussurrare di quanto lo è fuori.
A ventidue anni tocca il cielo del suo sport, ma resta coi piedi a terra. Niente ego-incenso, mai che susciti l’impressione di tirarsela, luci basse a ogni svolta del tourbillon dov’è capitato in virtù del trionfo australiano. Per esempio: va dalla Meloni e sta alla larga da riflettori insistiti e dichiarazioni gonfie d’eroismo. Fa il minimo dovuto. Va da Mattarella e non muove un passo orgoglioso avanti i suoi compagni di Davis. Idem come prima. Va a Sanremo? No, che non va a Sanremo, pur pressato da soffocare. Spiega: quel set appartiene ad altri, mica a me. Gli appartengono set ben diversi. Ma a parte ciò, stupisce il realismo esistenziale del personaggio: uno col senso della misura. Stupefacente, oggigiorno. Rara avis? Forse sì. Però insinua il dubbio: e se molti giovani, proprio perché pratici/riservati/sensibili come lui fossero della medesima pasta?
Circola del gran peggio, a proposito di giovani. Eppure Sinner, che arriva dritto alla meta, ci fa intendere: circola pure il rovescio. In silenzio, sotto traccia, a fari spenti. Ma sì, facciamo della sociologia da quattro soldi, che i prufesùr impallerebbero indignati. Jannik è il prototipo d’una moltitudine di ragazzi inclini/disposti a sgobbare: determinati al sacrificio, ottimisti nelle loro possibilità. Sono quelli che fidano in sé stessi, si caricano d’energia positiva, pensano che alla fine e comunque il mondo sarà dei giusti. Ovvero dei praticanti di umiltà, competenza, dedizione, rinunzia eccetera. Gli artisti della vita.
Eccola, la caratura aggiuntiva del racchettaro rosso, forse il più forte al mondo. Tra l’altro e infine, last but non the least, come si dice dalla Schiranna al Sacro Monte: durante l’apoteosi di Melbourne onora/glorifica i genitori. La famiglia. Gli affetti intimi-ancestrali. E qui siamo oltre la speranza nell’avvenire radioso. Qui siamo dentro un presente sfolgorante. Senza retorica, non provateci a levare le palpebre in su, a titolo compassionevole; alzàtele con meraviglia, questo sì, assolutamente. Perché una roba del genere chi, quando, dove l’esprime, fra i baciati dalla Vittoria, in qualunque sfida essi primeggino? La Notizia è che abbiamo trovato un arcitaliano al contrario. Il miracolo di JS è una volée d’antistorica traiettoria.
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