A Villa Mirabello una mostra imperdibile: “Incontri di mondi lontani”, il cui leit motiv è il tema dell’incontro con l’altro da sé, che si scopre non essere “altro” ma solo “diverso” da ciò che per consuetudine si è portati ritenere “l’unico e immutabile esistente”.
Il limen mentale si concretizza nella porta dei Bauman, superata la quale, liberi da convinzioni e preconcetti culturali, si è introdotti nel mondo che i gemelli Alfredo e Angelo Castiglioni a partire dal 1957 hanno contribuito a documentare. La mostra si avvale di elementi provenienti da collezioni private – Castiglioni, Lavazza, Palazzi, Lopalco, Moretti, Nicola, Bagnasco, de Vecchi-Bitto e da collezioni pubbliche di Varese e dell’Arcivescovile di Milano – costituitesi già nell’epoca coloniale per possedere oggetti “esotici” come status symbol, realizzando Wunderkammer, in cui mostrare gli oggetti provenienti da mondi lontani.
La “camera delle meraviglie” – il fulcro espositivo cui giunge il visitatore con l’ausilio di voci narranti, pannelli, documentari, taccuini, diapositive, fotografie e mappe, è traboccante di manufatti preziosi. La preziosità deriva dalla unicità e dalla lontananza sia geografica che storica. L’Africa incontrata nel 1957 era un continente segnato da innumerevoli varietà di culture con usanze e pratiche religiose e sociali tutte diverse tra loro. I Castiglioni furono spettatori delle trasformazioni causate dalla imposizione forzata di usi e costumi occidentali dalla decolonizzazione: Senghor, presidente del Senegal, raccomandò ai Castiglioni “andate con le vostre macchine fotografiche, con i vostri registratori a documentare la vita nei villaggi più sperduti, a filmare la vita degli anziani, titolari di un sapere che è nella loro mente perché quando questi uomini moriranno, tutto il sapere orale che detengono e di cui sono depositari, finirà e sarà come se tutte le biblioteche del vostro mondo occidentale venissero bruciate”.
In una sala-parentesi dell’esposizione sono presentati pesantissimi e ingombranti attrezzi – la cui funzione è ora riassunta in un cellulare – nonché le invenzioni studiate dopo ogni spedizione – c’è un drone primitivo utilizzato per riprese aeree nel deserto e ogni tipo di miglioramento delle attrezzature.
La scomparsa delle culture millenarie e dei costumi tribali spiega lo spostamento degli studi dei Castiglioni dal campo etno-antropologico a quello etno-archeologico: oggetto di esplorazione non è più documentare ciò che è, ma cercare le tracce di ciò che è stato.
Ecco la sala dedicata alle ricerche archeologiche; due di particolare rilievo: il ritrovamento avvenuto nel deserto nubiano seguendo le indicazioni di Plinio il Vecchio, dell’antica città mineraria di Berenice Panchrysos, una delle più grandi scoperte dell’archeologia contemporanea, e gli scavi in essere per riportare alla luce il leggendario porto di Adulis, nell’attuale Eritrea, sepolto da uno tzunami nel VII secolo d. C. sotto metri di limo come avvenne per Pompei.
Chiude il percorso espositivo una sala che immerge il visitatore nella foresta amazzonica, l’unica tappa non africana dei Castiglioni, andati a incontrare i Mahekoto-Teri residenti nel territorio venezuelano, a documentarne vita e costumi “prima che l’incontro col mondo nostro civile li cancelli nella loro autonomia e indipendenza”.
La mostra, curata da Marco Castiglioni, Sara Conte, Serena Massa e Giovanna Salvioni sottolinea l’approccio moderno dei Castiglioni, che si sono accostati a ogni etnia sempre seguendo l’indicazione di Senghor, con rispetto e nell’intento di preservarne e farne conoscere la storia, contribuendo alla conservazione delle culture tradizionali e dei valori in esse espresse: il rispetto per gli altri e per gli anziani, considerati vere icone del sapere, biblioteche viventi.
oggetto di esplorazione non è più documentare ciò che è, ma cercare le tracce di ciò che è stato.
Ecco la sala dedicata alle ricerche archeologiche; due di particolare rilievo: il ritrovamento avvenuto nel deserto nubiano seguendo le indicazioni di Plinio il Vecchio, dell’antica città mineraria di Berenice Panchrysos, una delle più grandi scoperte dell’archeologia contemporanea, e gli scavi in essere per riportare alla luce il leggendario porto di Adulis, nell’attuale Eritrea, sepolto da uno tzunami nel VII secolo d. C. sotto metri di limo come avvenne per Pompei.
Chiude il percorso espositivo una sala che immerge il visitatore nella foresta amazzonica, l’unica tappa non africana dei Castiglioni, andati a incontrare i Mahekoto-Teri residenti nel territorio venezuelano, a documentarne vita e costumi “prima che l’incontro col mondo nostro civile li cancelli nella loro autonomia e indipendenza”.
La mostra, curata da Marco Castiglioni, Sara Conte, Serena Massa e Giovanna Salvioni sottolinea l’approccio moderno dei Castiglioni, che si sono accostati a ogni etnia sempre seguendo l’indicazione di Senghor, con rispetto e nell’intento di preservarne e farne conoscere la storia, contribuendo alla conservazione delle culture tradizionali e dei valori in esse espresse: il rispetto per gli altri e per gli anziani, considerati vere icone del sapere, biblioteche viventi.
Incontri di mondi lontani Fino al 1° giugno 2025 Musei Civici di Villa Mirabello
You must be logged in to post a comment Login