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Cultura

IL CROCIFISSO

LIVIO GHIRINGHELLI - 26/01/2024

inriAi tempi del cardinal Martini, una sua alunna del Pontificio Istituto Biblico, Maria Luisa Rigato, aveva tentato in diverse occasioni di dimostrare, invano, che la tavoletta recante l’iscrizione acronimica in tre lingue – ebraico, latino, greco – INRI (Jesus Nazarenus rex Iudaeorum) con cui il governatore Pilato aveva fatto esplicita ragione della condanna capitale di Gesù, fosse custodita tra i vari oggetti della crocefissione del Salvatore conservati nella Basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme.

Ai sacerdoti capi dei Giudei, che reclamavano da lui la correzione “non lasciare scritto il re dei Giudei” (questa l’accusa sollevata dal Sinedrio contro il Nazareno per avallare una condanna capitale prerogativa del tribunale imperiale), ma scrivere “costui disse sono il re dei Giudei”, Pilato, allarmato in presenza dei tanti fenomeni di ribellione al potere politico presenti nella situazione (v. il caso di Barabba) con l’affermazione perentoria “ciò che ho scritto, ho scritto” si era risoluto a troncare l’imbarazzo (Giovanni capitolo 9), nonostante le preoccupazioni della moglie (“Nulla vi sia fra te e questo giusto, perché oggi ho molto sofferto in sogno a causa sua”) e comunque con la convinzione “sono innocente del sangue di questo giusto, voi ne risponderete” alla folla scatenata in alternativa a favore di Barabba (Matteo cap.27).

Sul capo di Gesù, secondo l’evangelista, si suppone trattarsi per l’iscrizione di una croce “immissa” immersa col palo, verticale su una dimora più alta, mentre la croce consueta dei romani era quella a forma di T maiuscolo, la “commissa” (sulle spalle del condannato il braccio orizzontale veniva legato a quello verticale già infisso nel terreno).

Una finalità di ordine teologico è comunque perseguita da Giovanni con l’altro elemento simbolico del rifiuto di Pilato a mutare il dettato dell’iscrizione da lui stesso composto. Gesù compare come re universale, a cui converge tutta l’umanità. “Rispose Gesù: il mio regno non è di questo mondo. Le mie guardie avrebbero combattuto, perché non fossi consegnato ai giudei. Ora, il mio regno non è di qui” (Giovanni cap.18). La tavoletta con la scritta è menzionata da tutti gli evangelisti. Marco 15, 26: “l’iscrizione con la causa della condanna recava scritto “Il re dei giudei”. Luca 23,38: I soldati lo schernivano: se sei il re dei Giudei, salva te stesso. Sopra il suo capo c’era anche una scritta.”Questo è il re dei Giudei”.

In seguito Tertulliano e Dione Cassio (III sec. d. C.) ricordano che i condannati all’esecuzione capitale recavano un cartello con la sentenza e l’iscrizione “cristiano”.

Il tema della regalità è nel cuore dell’annuncio cristiano. Il tema è sviluppato altresì da Giovanni con la formula “esaltazione innalzamento”, per cui la crocefissione diventa già un evento pasquale. “E quando io sarò innalzato da terra, attrarrò tutti a me” (discorso di Gesù alla venuta dei Greci). “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così deve essere innalzato il Figlio dell’uomo” (Giovanni 3,14). “E dunque Gesù: “Quando innalzerete il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che io sono e che non faccio nulla da me stesso. Colui che mi ha mandato è con me, non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre quello che gli piace“ (Giovanni 8,28)..

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