Che cosa sta accadendo? Perché improvvisamente, il mondo intorno a noi sta prendendo fuoco? Proviamo a vedere se c’è modo di orientarsi. Lo scorso 7 di ottobre Hamas ha aggredito Israele. In un paio d’ore han fatto un migliaio di morti tra civili inermi. Uomini, donne, bambini, vecchi, malati sono stati scannati per le strade delle città israeliane senza alcuna pietà. Qualche centinaio di persone sono state portate via come ostaggi. Nascosti chissà dove. In caverne, cunicoli. Come succedeva da noi anni fa sulla Sila, in Calabria, quando si sequestrava per ricattare famiglie facoltose. Quel che è successo in Israele non è molto diverso. Era disumana la ‘ndrangheta, son disumani questi sequestri. Si può solo provare a immaginare la sofferenza di queste persone. Si son formati movimenti popolari per invocarne il ritorno a casa a qualunque costo e a qualsiasi condizione. Ma il conflitto si è fermato lì, fortunatamente, nella striscia di Gaza, con poche escursioni all’esterno. Qualcosa è successo in Libano, dove l’esercito israeliano è dovuto intervenire per bloccare dei gruppi armati locali. Ma s’è trattato più che altro di scaramucce, il conflitto è rimasto (per ora) confinato lì dov’è nato. Si dice insistentemente che dietro quest’operazione crudele e disumana ci sia l’Iran. Quell’orrendo regime teocratico, capace di uccidere i suoi figli per una ciocca di capelli fuori posto.
E pare sia lo stesso regime a sollevare gli Houthi, un gruppo di ribelli del nord dello Yemen, nato con la cosiddetta “primavera yemenita”, praticamente sconosciuto in Occidente. Attaccano i mercantili che attraversano il Mar Rosso per bloccare le rotte commerciali che uniscono il continente europeo con quello asiatico. Attacchi capaci di fare danni considerevoli soprattutto all’economia, perché le merci che finora hanno percorso questo tratto di mare, dovranno prendere una via diversa, passando dal Capo di Buona Speranza, facendo il periplo dell’Africa, allungando tempi e aumentando i costi. Inevitabilmente, ci sarà una lievitazione dei prezzi un po’ ovunque in Europa e nel mondo e dunque una ripresa dell’inflazione che si era da poco raffreddata. È l’Iran che finanzia questi gruppi armati. Fornendo loro armamenti e logistica. Una crisi locale che si candida a diventare internazionale, mettendo i bastoni tra le ruote ai commerci di mezzo globo.
Adesso l’Iran ha attaccato improvvisamente il Pakistan. Le Guardie rivoluzionarie della repubblica islamica hanno fatto dei raid in territorio pakistano, dal quale immediatamente hanno risposto con altrettanti attacchi “contro militanti antigovernativi all’interno del territorio iraniano”. È un quadro complicato e per certi versi incomprensibile, da cui forse però emergono delle certezze. E cioè, il fatto che l’attore di tutto quel che sta accadendo sarebbe uno e un solo, l’Iran, che muove le sue pedine sullo scacchiere mediorientale, prima con l’attacco di Hamas a Israele, poi incendiando il Mar Rosso con gli Houthi e adesso attaccando il Pakistan, sperando in una reazione vigorosa, come ci si aspetta da un paese dotato di armamenti nucleari.
Lo scopo? È forse l’intento di liberare il mondo dall’imperialismo USA, per una società più giusta, come una certa retorica ripete spesso? Neanche per sogno. Molto semplicemente, si cerca l’incendio per risolvere problemi interni, com’è successo spesso nella storia, tanto che per descrivere questa tecnica è stata coniata un’espressione apposita, «esportazione del lutto». È un tentativo disperato di mettere una pezza alla crisi economica, alla corruzione, alla crisi politica e alle sanzioni economiche che affliggono quel paese. È una manovra per cercar di mettere la sordina ad una situazione complicata e non più contenibile. Dove iraniani, giovani e vecchi, uomini e donne, esasperati dalle repressioni, tentano di scrollarsi di dosso un sistema oppressivo, illiberale, medievale. Contestazioni e manifestazioni si susseguono da anni, ormai, cui seguono repressioni governative efferate. Ma l’uccisione nel 2022 di Mahsa Amini, assassinata mentre era sotto custodia della polizia, perché portava il velo in maniera inappropriata, ha creato un’atmosfera nuova contro il sistema patriarcale della Repubblica islamica. Lo slogan più urlato, “donna, vita e libertà”, è arrivato in tutto il paese, coinvolgendo “più di 80 città, la diaspora iraniana sparsa in tutto il mondo e la comunità internazionale” (Shirin Zakeri, 2023). L’irrequietezza mediorientale sembra avere origine da qui. Sembra. Un tentativo di mettere a ferro e fuoco paesi contermini, per gettare un velo sui misfatti interni. È così? Vedremo.
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