L’Italia in vendita, titola Repubblica. Si riferisce all’intenzione governativa d’alienare quote delle partecipate statali, chi vuole si faccia avanti. Sintesi forzata d’un giornale a sinistra, ma che coglie lo spirito dell’orientamento a destra (20 miliardi di cessioni). Fra l’altro contrario a quanto, sul versante meloniano, si argomentava fino a un anno e mezzo fa. Privatizzare no, nazionalizzare magari sì. E comunque: se al presidente del Consiglio non garba la critica/l’esagerazione/il radicalismo d’un quotidiano, risponde nel merito. Obietta al direttore. Argomenta le sue ragioni invece di denunziare torti (se torti sono) che nulla c’entrano col caso in questione. Il tic reattivo infatti colpisce l’editore, cioè gli Elkann Agnelli, dai quali la premier dice di non dover prendere lezioni, avendo essi venduto l’azienda automobilistica ai francesi e scelto sedi fiscali/legali all’estero.
L’una e l’altra cosa sono estranee all’indipendenza di giudizio del giornale, alla sua linea, al brand datosi fin dalla fondazione e mantenuto dopo che Scalfarsi passò la mano e i capitali. Il solco ideologico è rimasto il medesimo, e l’editore di oggi risulterebbe sorprendente se agisse in controtendenza rispetto a quello di ieri. Comunque sia: il potere istituzionale più forte del Paese non dovrebbe/non deve prestare il fianco all’accusa d’intolleranza verso la stampa, giudicata nemica quando fa il suo lavoro. Che tra i tanti doveri prevede la sorveglianza degli ottimati, primo dei quali l’inquilino di Palazzo Chigi.
Dunque: come minimo, una mancanza di stile. Come massimo, un’invasione di campo. Non funziona a questo modo il rapporto coi giornali, specialmente nello specifico d’una premier dai solidissimi numeri in Parlamento e dalla forte popolarità nel Paese. Posizione dominante (prossima alla capocrazia di cui scrive lo studioso Michele Ainis) che suggerisce attenzione e non avversione ai richiami, agli addebiti, al biasimo. Voci alle quali prestare orecchio: forse fra tanti rimproveri bislacchi, ce n’è uno, o più di uno, utile a cambiare favorevolmente la rotta. È nell’interesse generale, di cui si fan portatori i media e di cui è portatrice la/il presidente del Consiglio, cogliere la positività nella negatività. Strano che risulti incomprensibile a una leader così preparata: conosce la scuola di partito, conosce le regole politiche, conosce l’architettura costituzionale, conosce la professione giornalistica, conosce il gioco democratico. Perché disconoscere sé stessa sostituendo al nobile stilo l’assai meno nobile stiletto? Se cambiasse -se cambierà- parere, sarà la benvenuta. Welkann.
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