C’è in Gesù qualcosa – un guizzo, una scintilla, un’energia – che sa trasformare le “solite” parole del solito profeta Isaia in un messaggio “nuovo”. Impresa tosta.
È più facile rinunciare a un buon ideale che “al solito”: è lo stesso caso del maggiordomo dei racconti gialli: ti serve fedelmente, ma poi ti uccide senza destare alcun sospetto e senza lasciar traccia.
La variabile di Gesù è un’operazione che un romanziere americano chiama “jamais vu” e che spiega così: “Esiste il contrario di déja vu. È lo jamais vu (mai visto). È quando incontri le stesse persone o visiti gli stessi posti in continuazione, ma ogni volta è come fosse la prima. Tutti sono conosciuti, sempre, ma niente risulta mai solito”. È l’augurio che fa Luca all’introduzione del suo Vangelo dedicata a “Teofilo” (che in greco antico significa “l’amico di Dio”). L’autore lo dedica a noi.
Forse non ti sei mai accorto, ma il Vangelo è dedicato a te! Il nostro solito, il “déja vu”, cioè quella sensazione di fare e dire le stesse cose, ha bisogno del “lieto annuncio”, di un “jamais vu”, che mi dica che posso liberarmi della prigione dello scontato, posso riempire di grazia il tempo e questa è realtà, non belle parole.
“Lo Spirito del Signore è su di me - dice Gesù – mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia. Oggi si è compiuta questa Scrittura…”.
Essere artigiani di “jamais vu”, essere teofili (amici di Dio) è molto più che fare qualcosa per distrarsi dalla noia del solito, è guardare il solito (dèja vu) come mai lo hai visto (jamais vu). Come? Scrivendo, Teofilo, la tua vita come ‘quinto Vangelo’, praticando l’ascolto dove c’è il solito rumore, tessendo armonia dove c’è la solita incomprensione, portando chiarezza dove c’è la solita confusione, costruendo condivisione dove c’è la solita esclusione, ponendo interrogativi dove c’è la solita superficialità, ricercando qualità dove c’è la solita mediocrità, suscitando fiducia dove c’è la solita rassegnazione, usando rispetto dove c’è la solita aggressività, offrendo dolcezza dove c’è la solita acidità.
Scoprire e vivere la magia del “solito”, è sperare, invece che sparare a qualcuno o sparire da tutti, e rendersi conto della preziosità del vangelo della vita, cioè del “qui e ora”.
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