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Parole

CHE NON ACCADA PIÙ

MARGHERITA GIROMINI - 19/01/2024

????????Mai più. Never Again. Parole che ci riportano senza indugio alla Shoah.

Prima d’ora non sapevo che questo slogan, così è stata definita la frase, divenne popolare perché utilizzato pubblicamente da Meir Kahane, un ebreo americano che in seguito si schierò con l’ultradestra israeliana.

Era il 1971 quando esortava con imperio gli ebrei a non farsi mai trovare impreparati di fronte ad alcuna aggressione antisemita.

“Mai più!” ora è entrato nel linguaggio delle commemorazioni della Giornata della Memoria, soprattutto in chiusura, finito il racconto degli eventi terribili della Shoah.

Mai più: è un monito per l’umanità affinché impari a ripudiare massacri, genocidi, stragi, guerre.

Mai più si lasci spazio al delirio di onnipotenza dei dittatori sanguinari che opprimono individui e popoli colpevoli di esprimere una propria diversità.

Mai più stupri, torture, mai più la programmata distruzione di intere comunità nel nome di qualunque ideologia.

Perché la terribile esperienza del secolo scorso non si ripeta bisogna conoscere a fondo il passato e capirne l’interdipendenza con il presente.

Perché, come disse Primo Levi, “Se qualcosa è accaduto, può accadere ancora”.

Questo 27 gennaio la Giornata della Memoria si svolge in un mondo funestato da gravi accadimenti, un mondo in cui cresce di ora in ora la conta dei morti della guerra in Ucraina e del conflitto in Medio Oriente.

In passato, in occasione del 27 gennaio, abbiamo creduto che “mai più” avremmo assistito ad altre persecuzioni e a nuove guerre.

Ci sentivamo sicuri che la tragica lezione di ciò che era stato ci aveva immunizzati dal male (o dal Male) del nazismo.

Avevamo fiducia negli effetti benefici della conoscenza disseminata nelle scuole e nella società.

Sosteneva il nostro ottimismo la lunga durata della pace in Europa anche se ai crimini perpetrati nella ex Jugoslavia di fine Novecento avevamo dedicato uno sguardo troppo distratto.

Mi piacerebbe che la prossima Giornata della Memoria riuscisse a bandire un po’ di retorica a favore di una maggiore essenzialità.

Mi auguro che ci ricordi lo strazio dell’Olocausto senza indulgere all’emotività. Che ci costringa ad aprire gli occhi sulle guerre senza data di scadenza vicine a noi, sui morti innocenti, sull’impudenza dei potenti che non cercano soluzioni.

Sarei contenta se gli oratori delle tante iniziative che si svolgeranno il 27 gennaio accogliessero come grido di battaglia lo slogan “mai più”: mai più una Shoah, né discriminazioni, mai più conflitti e ingiustizie, né sfruttamento e povertà, mai più sopraffazioni di genere e limitazioni delle libertà individuali e collettive.

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