Sono tempi grami per la libertà d’informazione flagellata dalle querele milionarie per intimidire i reporter, dagli attacchi al giornalismo d’inchiesta, dal precariato nelle redazioni, dai compensi più simili a un’elemosina che a una retribuzione e dalla concentrazione delle proprietà dei giornali in poche mani. A questi problemi atavici, si aggiunge la prepotenza invasiva della politica con i progetti governativi per limitare le intercettazioni e l’uso dei trojan come strumento investigativo per i reati dei colletti bianchi, economici e fiscali, per abbassare la spesa per le captazioni e consentirle solo nelle indagini per mafia e terrorismo.
Ora un nuovo problema si affaccia all’orizzonte ed è il progetto di modifica dell’articolo 114 del Codice di procedura penale che vieta la pubblicazione “integrale o per estratto” dei testi delle ordinanze di custodia cautelare, cioè i mandati di arresto, fino al termine delle indagini preliminari, molto tempo dopo il primo provvedimento giudiziario. Il divieto è previsto dal cosiddetto “emendamento Costa” alla legge di delegazione europea già passato alla Camera e atteso in Senato per l’approvazione finale entro la seconda metà di gennaio. Una potenziale norma che preoccupa la Federazione nazionale della stampa e le organizzazioni sindacali di categoria.
La modifica sostenuta dall’avvocato Enrico Costa (che oggi siede tra i banchi del partito di Carlo Calenda dopo una lunga militanza ipergarantista al servizio di Forza Italia e di Silvio Berlusconi) non impedisce la pubblicazione della notizia dell’arresto e si affida alla sintesi giornalistica di documenti che non si possono più riprodurre integralmente. Priverà dunque i cronisti della possibilità di riferire il contenuto delle accuse con precisione, in modo verificabile e rischia di tradursi in una maggiore approssimazione a danno degli indagati e di impedire ai cittadini di conoscere il merito documentale delle accuse su fatti di cronaca rilevanti.
La presunzione di innocenza è un principio sacrosanto del diritto ma già oggi, dopo la riforma del 2017, l’ordinanza di custodia cautelare deve riportare “solo i brani essenziali” delle comunicazioni intercettate e con la garanzia della “riservatezza delle comunicazioni non rilevanti” ai fini della giustizia penale. Consentire di pubblicare la notizia di un arresto senza avere accesso diretto a una delle fonti primarie dell’indagine non aiuta certo il lavoro giornalistico. Secondo le organizzazioni sindacali, il principio vale per importanti e delicate inchieste svolte in questi anni, dalle stragi per disastri di varia natura alle indagini sulla mafia e ai femminicidi.
Per fare un esempio concreto degli effetti dell’emendamento Costa, se fosse già stato in vigore avrebbe impedito di conoscere cosa è avvenuto realmente il 23 maggio 2021 sul Mottarone prima del 20 maggio 2023, giorno della chiusura dell’indagine preliminare. Sarebbero stati due anni di incertezza e di domande senza risposta sui mancati controlli e su fino a che punto gli indagati fossero consapevoli dei problemi dell’impianto. Per Raffaele Cantone, oggi procuratore capo di Perugia dopo una vita spesa in prima linea contro il clan dei Casalesi e il malaffare, tornerà di moda “il baratto” delle carte giudiziarie: “Questa legge – dice – è un passo indietro rispetto ai meccanismi di trasparenza innestati con il rilascio di atti ai giornalisti da parte degli uffici giudiziari”.
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