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Urbi et Orbi

BETLEMME, DAMASCO

PAOLO CREMONESI - 22/12/2023

Padre Hanna Jallouf, siriano, Frate minore della Custodia di Terra Santa

Padre Hanna Jallouf, siriano, Frate minore della Custodia di Terra Santa

«Per quanto paradossale possa essere, oggi in Siria la gente rimpiange gli anni della guerra». Hadi Kobeissi è di passaggio a Roma, tappa di un viaggio in Italia con l’improba missione di risvegliare l’attenzione dell’Occidente sul Paese mediorientale.

La Siria è finita lontano dai riflettori, oscurata dai drammi più recenti della striscia di Gaza e dell’Ucraina. Eppure tra i tanti Natali “dimenticati” che quest’ultimo scorcio del 2023 ci regala, quello siriano potrebbe capeggiare la dolorosa classifica.

«Il terremoto dello scorso febbraio – racconta Hadi che è responsabile della Ong Avsi per il Paese teatro di tredici anni di conflitto – ha dato il colpo di grazia ad una economia già fiaccata dalla guerra e dalle sanzioni occidentali. Ora in Siria manca tutto: gasolio, cibo, medicine. Un bambino di Aleppo di dieci anni nella sua vita ha conosciuto sino ad ora solo bombe, Covid, colera, terremoto. Non va a scuola. È arruolato dalla famiglia nella quotidiana lotta per la sopravvivenza. Rischiamo di perdere intere generazioni di giovani».

Le cifre delle organizzazioni internazionali d’altro canto non lasciano scampo: il 90 per cento dei siriani vive al di sotto della soglia di povertà. Il 55 per cento soffre di insicurezza alimentare. Tradotto in termini non burocratesi: non mangia tutti i giorni. Non parliamo poi del diritto alla salute: Avsi, con grande determinazione e anche grazie all’aiuto della Santa Sede, continua nell’operazione “Ospedali aperti in Siria” permettendo a tre nosocomi di garantire cure mediche a musulmani e cristiani senza distinzioni. Ma è una goccia d’acqua in un deserto di bisogno.

Natale senza luci e senza cibo. Non ci saranno i tradizionali klecha, biscotti ripieni di datteri, per i più piccini. E nemmeno si accenderanno i falò con rami secchi al termine dei quali i bambini cristiani mettevano in scena una recita della Natività. Ora tutta la legna che si trova serve a scaldarsi.

Eppure a volte non c’è nemmeno bisogno di rappresentarla la Natività: Mahmoud è un giovane siriano sunnita che ha sposato Halima. La loro figlia si chiama Libertà: a raccontare la loro storia all’agenzia “Sir” è padre Hanna Jallouf, francescano della Custodia di Terra Santa, parroco di Knaye, uno dei tre villaggi cristiani della Valle dell’Oronte. «Nel 2007 avevamo finito di costruire la nuova ala del convento che decidemmo di utilizzare come rifugio per chi era stato costretto a fuggire lasciando tutto – spiega il sacerdote – Dividendolo in tre parti, una per i sunniti, una per gli sciiti e una per i cristiani, siamo riusciti a dare accoglienza a tantissimi profughi. La Provvidenza non ci ha fatto mai mancare nulla. In quel periodo venne da me questo giovane sposo. Mi disse che sua moglie doveva partorire ma che avevano paura perché lì nel villaggio non c’erano né medici né ospedali. Mi chiese così di intervenire presso le autorità dell’Esercito siriano per ottenere un lasciapassare e raggiungere Damasco dove gli ospedali funzionano. Una volta ricevuto il documento, non senza difficoltà, la giovane coppia riuscì a lasciare il villaggio. Qualche giorno dopo venne alla luce una bambina che i genitori hanno voluto chiamare con il nome arabo di ‘Libertà».

Oggi la ragazza ha 11 anni e va a scuola. «Siamo tornati a ringraziarvi – mi hanno detto i due – per la nascita della figlia e perché voi frati cristiani non siete scappati».

Un giovane sposo, una moglie incinta. Una fuga nell’indifferenza dei tanti potenti di turno. Un viaggio solitario irto di pericoli verso la capitale… Non vi ricorda qualcosa? O Qualcuno?

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