Fin oltre la metà del quarto secolo dopo Cristo, e per quanto Roma si fosse mossa in relazione prima, le diverse comunità cristiane festeggiavano i possibili Natali di Gesù in date differenti: il 6 gennaio, il 21 marzo, il 17 aprile… (e non va dimenticato, in questi ultimi casi, che i Vangeli parlano di greggi all’aperto, cosa assai improbabile in inverno).
La Chiesa Romana cominciò a sentire la necessità di uniformare le disaggregate festività già verso la fine del terzo secolo, quando, in un momento di nuovo splendore del Paganesimo – che celebrava proprio il 25 dicembre di ogni anno la più importante ricorrenza dedicando quelle ventiquattro ore al Sole Invitto o al dio Mitra (di origini anatoliche e portato nell’Urbe dalle truppe che proprio in Anatolia avevano combattuto) – ai fini di sradicarlo, stabilì che in quel giorno si celebrasse la Natività.
Occorsero – la medesima cosa capiterà più e più avanti con la Riforma del Calendario compiuta da Dionigi il Piccolo e con quella che dobbiamo a Gregorio XIII alla quale qualche istanza secoli dopo ancora resiste – la bellezza di non pochi decenni perché anche le più lontane e sperdute comunità di credenti prendessero atto della decisione.
Visto che ci siamo, sarà utile un’occhiata anche alla cosiddetta ‘Stella cometa’ (messi insieme arbitrariamente i due vocaboli, indicando oggetti celesti diversi non aggregabili) quella che guida i Re Magi – il cui numero non è mai indicato e tre nomi dei quali sono frutto di successive elaborazioni – a Betlemme da Gesù.
Per il vero, che fosse una cometa è sostenuto per la prima volta da Giotto che, rappresentando la scena nella Cappella degli Scrovegni, a Padova, ancora stupito dal passaggio nell’anno 1300 molto vicino alla Terra della cometa di Halley, dipinse quel corpo celeste come tale nel mentre le Scritture – in realtà, il Vangelo secondo Matteo soltanto – parlano esclusivamente di ‘una Stella’ senza ulteriori delucidazioni.
Ove, davvero, si volesse pensare ad una cometa (o a qualcosa di molto simile all’apparenza), conoscendo gli astronomi le orbite di questi oggetti ed avendo la scienza escluso che in quei lontani anni uno di questi fosse davvero transitato tanto in vista della Terra, sarebbe opportuno parlare di una ‘congiunzione di pianeti’ allineati, fenomeno visivamente simile.
E dato che appunto ve ne fu una nel 7 avanti Cristo (riguardava Giove, Saturno e Marte), è a quell’anno che occorre guardare.
Tornando al citato Dionigi, va rammentato che oltre a riformare il Calendario stabilendo che Cristo era nato nel 753 ab Urbe condita (seguendo in questo la precedente Datazione che dobbiamo a Marco Terenzio Varrone ‘Reatino’), statuì definitivamente che Cristo era nato il 25 dicembre dell’1 dopo Cristo e che immediatamente prima si collocava l’1 avanti Cristo.
Ciò in ragione del fatto che fino al 1202 – è così datata la pubblicazione del fondamentale ‘Liber Abbaci’ opera del matematico Pisano Leonardo Fibonacci (tra i più importanti della storia) che lo rivela all’Occidente – lo ‘Zero’ era concetto ignoto in tutto il mondo romano e romanico.
Fibonacci lo aveva appreso dagli Arabi che, a loro volta, lo avevano carpito alla ‘numerazione posizionale’ indiana.
(Per inciso, è a causa della indicata inesistenza dell’Anno Zero che il primo secolo dopo Cristo termina nell’anno cento, il primo millennio nell’anno mille, il secondo nel duemila e non nel millenovecentonovantanove come del tutto erroneamente sostennero allora i più!)
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