Una grande luce, la luce della gloria di Dio, avvolse i pastori che vegliavano il gregge (cfr. Lc 2, 9).
Una grande luce, ma forse basterebbe un po’ di luce e di caldo per tutti.
Una grande luce, ma noi ne inventiamo di sempre nuove.
Una grande luce, ma noi viviamo nella paura del buio tanto da non saper più guardare le stelle.
Potremmo continuare con infinite avversative rispetto alla buona notizia e alle sue manifestazioni. Infinite contraddizioni incontra un annuncio che ha attraversato i cieli e da Dio è giunto a noi. Ed è chiaro che la luce di Dio, che la sua Gloria, incontrando ciò che è troppo terreno proietta ombre così dense da apparirci tenebra. Di più, davanti alla luce di Dio anche il nostro occhio può sembrarci tenebroso, il nostro sguardo cieco.
Ed il nostro sguardo anche quest’anno fatica a vedere luce in tante parti del mondo e nella maggior parte delle notizie che vengono annunciate. Eppure Dio si è fatto carne ed è divenuto uomo in quella terra oggi dilaniata da odii tanto profondi, da sofferenze così insopportabili. Ma che luce può portare la carne di un Dio?
Pensiamoci, senza cercare risposte affrettate. Pensiamoci perché quell’Uomo ha lasciato anche a noi la possibilità ed il compito di essere luce del mondo.
Quale luce nella nostra vita? Quale speranza? Quale attesa?
E per cercare risposte, per aprirci alla speranza e ad una notizia buona forse dobbiamo avere il coraggio di spegnere la luce e di guardare il buio, di allontanarci dai lampioni e dalle luminarie delle nostre strade per guardare le stelle, di entrare nel nostro cuore e riconoscere e nominare le nostre paure, le nostre ferite, ciò che è privo di luce. Credo che la prima cosa che ci capiterà, se avremo vinto la tentazione di scappare o di accendere la torcia del cellulare, sarà quella di desiderare una mano amica che accompagna: ecco qualcosa che può fare la carne di un Dio, un Dio che conosce dall’interno, con sofferta compassione, il nostro cuore.
Credo che, camminando un po’ a carponi, guardando a terra per cercare di non inciampare in ostacoli che non vediamo, scopriremo quanto il nostro cuore assomiglia a questo mondo che fuori tanto ci scandalizza: quanti dubbi, quante incomprensioni, quanti sogni frustrati, quanta fatica ad accogliere l’altro … Ma ecco, un uomo che è anche Dio ci può parlare d’altro, ci può condurre attraverso tante buche ed altrettanti ostacoli verso qualcosa di nuovo, un po’ come quando Pietro tentò di camminare sulle acque e ci sarebbe riuscito se solo non si fosse spaventato e avesse avuto fiducia non in sé ma in Lui. Davanti a tutti gli scandali del nostro cuore e del mondo sta un Uomo che perdona e lo può fare perché è ferito dal male e perché è Dio. Guardiamolo ed accogliamo il suo sguardo per non rimanere imprigionati in buche di dolore, di risentimento o di vergogna. E cerchiamo, ed accogliamo il perdono di Dio che ci viene donato attraverso il servizio di uomini fragili come noi, anch’essi perdonati, ma che per grazia di Dio ci donano la libertà di rialzarci.
Crediamo che poi, un po’ abituati al buio, guadagnata un po’ di pazienza e di fiducia, sapremo alzare lo sguardo dalla terra al cielo, dagli scandali alla speranza, dalla sofferenza all’attesa e forse ci accorgeremo di quanto il cielo sia vicino, di quanto le stelle illuminino il nostro cammino. Sembra poca cosa eppure basta per il passo successivo; custodiamo la speranza, non è un sogno, ma la carne di un Dio. E attendiamo ancora la sua venuta.
Noi Romite, con tutta la Chiesa, lo facciamo cantando nella liturgia che – particolarmente nei salmi, Parola di Dio e degli uomini insieme – ci fa riconoscere le tenebre e desiderare la Luce:
“È scritto: Cantate al Signore, inneggiate al suo nome, spianate la via a Colui che cavalca il tramonto, Signore è il suo nome” (Sal 67, 5). Egli infatti che risorgendo ha calpestato la morte, ascende sopra il tramonto. A Lui quando cantiamo apriamo la strada affinché venga nel nostro cuore e vi accenda il fuoco del suo amore” (S. Gregorio Magno).
Apriamo la strada alla luce, apriamo la strada all’Amore che si è donato al mondo.
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