Tra i tanti alberi di Natale illuminati si può scoprire, ogni tanto, soprattutto nelle vecchie case, che rivive la vecchia tradizione del presepio. Anche se Gesù Bambino non è quasi più di moda, sormontato da un invadente Babbo Natale, la riproduzione della grotta o della stalla può sempre suscitare qualche emozione. Con la Madonna e San Giuseppe, inseparabili, almeno in questa occasione. E con il bue e l’asinello a fare da comparsa insieme con gli immancabili pastori con le loro pecore.
Ma riportare alla luce anno dopo anno le vecchie statuine ha il valore di un grande richiamo. Innanzitutto, quello di riaffermare che quella nascita è diventata il punto di riferimento per ognuno di noi, ma insieme quello di ricordare che alla base di quella nascita c’è una famiglia, un padre e una madre che, pur nelle difficoltà, accolgono con gioia quell’evento.
Anche la famiglia peraltro sembra passata di moda. Sessant’anni fa negli Stati Uniti solo il 5% dei bambini nasceva da madri non sposate. Negli ultimi anni questa percentuale ha superato il 50% mentre in Italia si avvicina al 40%. L’Istat ha calcolato che su 25,6 milioni di famiglie il 12% è costituito da nuclei monoparentali, corrispondente a oltre 3 milioni di figli. La stragrande maggioranza di genitori soli sono donne (2 milioni), mentre i padri soli si fermano a 565mila.
A livello europeo, l’Italia è peraltro uno dei Paesi dove ci si sposa meno, e dove negli ultimi anni, soprattutto dopo l’approvazione del cosiddetto “divorzio breve” (che si può fare anche in Comune) sono in forte aumento le separazioni. E, come tutto il Nord Ovest, Varese è la sua provincia hanno un tasso di divorzio superiore all’8% rispetto ad una media nazionale attorno al cinque.
Non sorprende quindi che in molte classi scolastiche vi sia una significativa percentuale di bambini e ragazzi che hanno un solo genitore, soprattutto a causa dei divorzi o delle convivenze fragili quanto temporanee.
A rompere il tabù “politicamente corretto” della famiglia come valore appartenente al passato, ci ha pensato un libro di economia che sostiene, con apparente sorpresa, che avere genitori sposati fa bene ai figli. Lo ha scritto l’economista americana Melissa Kearney in “The Two-Parent Privilege” (Il privilegio di avere due genitori). Kearney sostiene che i politici, gli studiosi e i giornalisti dovrebbero prendere in considerazione i vantaggi delle famiglie con due genitori, tra cui redditi più elevati e più tempo per allevare i figli, e lavorare per migliorare il benessere di milioni di bambini. “Gli americani – afferma – hanno smesso di sposarsi e hanno iniziato a rimanere indietro”. E infatti “i bambini provenienti da famiglie monoparentali hanno più problemi comportamentali, hanno maggiori probabilità di finire nei guai a scuola o con la legge, raggiungono livelli di istruzione più bassi e tendono a guadagnare redditi più bassi in età adulta”.
Un libro controcorrente, in una società dove vengono magnificati i rapporti liberi senza regole o vincoli. Un libro che mette in luce i limiti delle tante analisi sulle disuguaglianze sociali dove la struttura della famiglia non viene presa in considerazione.
Un settimanale autorevole come Time ha preso spunto da libro per commentare: “La nostra moderna società americana di fronte a una sfida: dobbiamo trovare il modo di riconoscere i benefici di una famiglia con due genitori, compreso l’importante ruolo che i padri svolgono nella vita dei loro figli”.
Sarebbe ora, non solo in America, che la famiglia, come istituzione dove c’è un padre e una madre, possa riprendere quota come valore sociale.
Senza dimenticare che la famiglia, quella fondata sul matrimonio, resta sempre in primo piano tra i valori essenziali della dottrina sociale della Chiesa. “Diventa una necessità sociale, e perfino economica, – è scritto in quella grande enciclica di Benedetto XVI che è la Caritas in Veritate – proporre ancora alle nuove generazioni la bellezza della famiglia e del matrimonio, la rispondenza di tali istituzioni alle esigenze più profonde del cuore e della dignità della persona”.
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