Il vecchio Senatùr, se interpellato, sentenzierebbe: rob de matt. La Lega, assieme ai sodali di governo, toglie soldi agli enti locali per destinarli al Ponte sullo Stretto. Mica lo stretto fra Laveno e Intra, Lago Maggiore. Lo Stretto fra Reggio Calabria e Messina, Mar Tirreno/Ionio. Mica spiccioli. E invece 2,3 miliardi da aggiungersi al resto dello spesone (12 in tutto) per la maxiopera. Mica un faraonismo bilanciato da numerosi/provvidi interventi di miglioria delle infrastrutture quotidiane. E invece no, è la piramide che spicca sulle baracche. Come dire: ci si vuol mettere un gran fiore dove manca l’occhiello.
Vien replicato: questo è il progresso, bisogna guardare avanti, basta coi no, insistere sul contrario. E vai col blablabla. Però il contrario va misurato bene, guardando ai disagi d’ogni giorno, ovunque nel Paese. Anche laggiù in fondo all’Italia, certamente. Ma anche quassù in cima all’Italia, forzatamente. Perché il motore che tutto muove, gira da queste parti. Gira? Prendiamo proprio l’esempio delle infrastrutture, citiamo l’autostrada delle autostrade, la nostra centenaria “Laghi”. Ha ricordato il direttore di Malpensa24 Vincenzo Coronetti: caos da ingorgo quotidiano, mancanza d’avvedutezza nel rimodernare percorso, svincoli, collegamenti tributari. Un partito che séguita ad accettare il ruolo/la nomea di sindacato del Settentrione come si giustifica nel dare precedenza ai danée cacciati verso il Sud e sottratti (anche) al Nord? Non si giustifica. Semplicemente sorvola, glissa, fa spallucce.
Non è il solo esempio negativo. I sindaci protestano a causa dei tagli nel settore sociale, la sanità sul territorio versa in ambasce, dalle regioni sale la protesta contro Roma accentratrice. E dal versante dell’economia gli entusiasmi iniziali garantiti dal promesso laissez-faire si sono trasformati in dispiaciuta litania: lavoro e produzione non godono della cornice di sicurezza (conti statali a posto) in cui ha da collocarsi un quadro di sviluppo.
Mattarella chiede “consapevole lungimiranza” in vista delle elezioni europee. Come no. Ma ci vorrebbe sempre e ovunque, nell’amministrazione day by day d’una Repubblica che si propone ai cittadini in diverse articolazioni. E che queste articolazioni non può ignorare né tradire. E che fa bene a progettare in grande solo se ha già saputo rammendare in piccolo. E che non deve dimenticare le priorità stabilite dal realismo, una volta sinonimo di federalismo: a ciascuno il suo, e bravo lui se è capace d’ottimizzarlo. Agli altri, se non ne sono capaci, l’aiuto per patire di meno e imparare di più. Banalità? Macché. Rob de matt, ascoltando il sentenziare d’alcuni epigoni del Senatùr. Soprattutto uno.
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