Luigi Rossi, vissuto tra Otto e Novecento, fu pittore geniale, raffinato illustratore, educatore democratico. Nel centenario della scomparsa la Pinacoteca cantonale di Rancate gli dedica una retrospettiva dal taglio cronologico: dipinti, acquerelli, schizzi, volumi e lettere raccontano l’evoluzione del linguaggio, dal realismo, al simbolismo, al Liberty, dalla pittura di genere al ritratto e al paesaggio dell’artista, che viene definito “europeo”.
Rossi conduce una vita peregrinante in Europa e acquisisce la cultura dei luoghi ove risiede. Nato a Cassarate nel 1853, tre anni dopo è nella Milano dell’Impero austriaco, dove il padre, legato all’ambiente risorgimentale italiano, lavora per Leone Fortis, liberale vicino alla scapigliatura. Luigi frequenta per otto anni l’Accademia di Brera, ha come maestro Bertini e come compagni di corso e amici Tallone e Bazzaro.
Quando il padre, avvelenato dal piombo dalla tipografia, si trasferisce nell’astigiano e diventa viticoltore, Luigi si avvicina alla pittura realista piemontese: dipinge scene della vita nei campi e miseri interni contadini con una sensibilità ai problemi sociali che ha maturato attraverso le vicissitudini della sua famiglia, insieme a paesaggi idilliaci delle dolci colline astigiane.
Negli anni ’80 vive un’altra breve parentesi a Milano. Nel 1881 dipinge “Una via di Milano” e rende il via vai delle persone frizzante, con uno stile scapigliato. La svolta decisiva per la sua vita coincide col trasferimento: a Parigi, per cinque anni collabora con la casa editrice Guillaume che gli commissiona l’illustrazione del Tartarin sur les Alpes di Alfonso Daudet.
Realizza acquerelli che vengono riprodotti sui volumi con una tecnica grafica avanzatissima per il tempo: il libro, impreziosito dalle illustrazioni, diventa oggetto di culto e gli procura grande fama. Suoi i volumi successivi di Tartarin e poi “Notre-Dame de Paris” di Victor Hugo, “Madame Chrysanthème” di Pierre Loti, le “Pastorali” di Longo Sofista, “Les Demi-Vierges” di Prévost.
Con stile realista dipinge “Le raccoglitrici di ostriche”, le “contadine delle spiagge” che ha visto sulle coste francesi dell’Atlantico, sullo sfondo l’oceano fosco e turbinoso.
Torna negli anni ’90 torna a Milano e in Ticino: è famoso, è il pittore della vita dei campi e dell’infanzia, un ritrattista ricercato.
Il suo stile vicino al verismo lombardo si sposa alle tematiche sociali. La crudezza de “La scuola del dolore”, con cui partecipa alla biennale di Venezia, incontra il favore del pubblico e l’opera è acquistata dalla Casa Reale Italiana.
Passa poi a una fase simbolista con l’opera “Reves de jeunesse”. Rossi colloca i soggetti dipinti in una dimensione a-temporale, fa assurgere paesaggio e figure in esso presenti a universali. Il senso di panico si percepisce ne “I Denti della vecchia” acuito dall’arcobaleno e dai banchi di nebbia, e ne “Il canto dell’aurora”.
Sono in mostra lettere articoli, saggi che testimoniano l’impegno didattico profuso da Rossi per riordinare le scuole di disegno del Canton Ticino; la collaborazione all’Umanità di Milano, la partecipazione all’attività della Società degli Acquarellisti Lombardi, che ha contribuito a fondare. Rispettando gli insegnamenti acquisiti in famiglia, opera sempre a sostegno di ideali umanitari e sociali.
Vive gli ultimi anni nella serenità di Capriasca, dipingendo le figure femminili di figlie nipoti, talora stilizzate come “La donna dei fichi”. In mostra è ricostruito anche uno studiolo della Casa-museo che insieme a oggetti di vita e dell’attività, svela l’intimità familiare.
La mostra è curata da Matteo Bianchi, autore del catalogo ragionato dell’opera di Luigi Rossi, edito da Pagine d’Arte, che presenta saggi critici e indagini storiografiche oltre a un’ottantina di opere dell’autore e di una ricca sezione documentaria.
Luigi Rossi (1853-1923) Artista europeo tra realtà e simbolo Pinacoteca Cantonale Züst- Rancate CH Dal 15/10/2023 al 25/02/2024
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