Hitler era consapevole del legame plurisecolare che univa l’ebraismo al cristianesimo, e nell’intervento di Pio XI del 6 settembre 1938 ad un gruppo di pellegrini della Radio Catholique Belge aveva altresì confermato la solidità della comunione spirituale che univa la Chiesa cattolica agli ebrei: «L’antisemitismo è inammissibile. Spiritualmente siamo tutti semiti».
Il messaggio del pontefice irrigidì il dittatore tedesco, che guardava la Chiesa di Roma con un sentimento misto di disprezzo e ammirazione: nel primo caso perché essa, forte di una tradizione millenaria con radici ebraiche, rappresentava una alternativa e un potenziale ostacolo alla diffusione del nazismo; nel secondo perché la sua organizzazione gerarchica forniva un modello efficace per l’assetto del Partito Nazionalsocialista.
A prescindere da questo dato, il Führer non si limitò ad emulare la struttura ecclesiastica, ma decise di stabilire con essa un rapporto concorrenziale, anche sul piano della religione: egli, infatti, sapeva bene che era necessario che gli uomini avessero una dimensione spirituale cui fare riferimento, e questo avrebbe garantito un buon controllo sulle anime, che plasmano i pensieri e suggeriscono le azioni.
Lo strumento più efficace sul piano ideologico, per contrapporsi alle religioni consuete, si doveva recuperare dagli studi degli intellettuali di XIX e XX secolo, che vivendo in un mondo ormai disincantato dalle religioni tradizionali, riesumarono le antiche credenze germaniche ponendole alla base della fondazione del Secondo Reich.
Il ripristino di simili superstizioni, connesso con la fondazione di un impero coloniale tedesco (1871), avrebbe contribuito a porre la base dell’ideologia nazista, e sarebbe stato un efficace strumento di manipolazione popolare.
Le concezioni che derivavano da una antica tradizione si inserivano nel solco della cultura germanica delle origini, e soprattutto in quella imperiale, ripresa dai nazisti nel concetto di Lebensraum (“spazio vitale”).
Questa operazione politica si verificava in un periodo storico molto difficile per la Germania, quello della fine della Prima guerra mondiale, che aveva diffuso presso i tedeschi un sentimento di sottomissione e di incertezza, che forniva loro l’alibi per difendersi dai “mostri oppressori”. Ecco, dunque, l’efficacia del recupero di storie e leggende di streghe, vampiri e diavoli, le cui fattezze sarebbero state presto riconosciute negli ebrei e nei comunisti.
Il ricorso ad una dimensione soprannaturale, poi, avrebbe consentito alla popolazione di mettere da parte la sfera razionale, a favore di “valori sacri”, che giustificavano l’impiego di una esagerata violenza.
Per questa ragione le energie dei nazisti, in modo particolare di Himmler e Rosenberg, erano volte da tempo alla valorizzazione di una «spiritualità pre (o post) cristiana fondata sulle tradizioni germaniche della natura, del sangue e delle credenze popolari», come sottolinea Kurlander in I mostri di Hitler.
In questo modo si delineava un’alternativa valida alla croce di Cristo, che ambiva a fare del nazismo una religione con una sua autonoma dignità: a questo proposito la svastica, simbolo pagano della ruota del sole, si configurava come una soluzione particolarmente emblematica.
La necessità di prendere le distanze dal cristianesimo non si limitava soltanto a queste nozioni, che pure erano fondamentali, ma lambiva anche il terreno della teologia: il cattolicesimo e il protestantesimo, infatti, non potevano costituire un modello di riferimento per il Terzo Reich, perché ponevano eccessiva enfasi sulla dimensione ultramondana, piuttosto che su quella intramondana.
I nazisti, al contrario, propendevano per la seconda, animata dalla ricerca del divino nel mondo, e dalla necessità che gli uomini investissero le loro energie vitali nella dimensione terrena, piuttosto che disperderle a vantaggio di un incerto futuro.
Naturalmente occorreva tempo per realizzare a pieno questa rivoluzione spirituale, che aveva per obiettivo quello di scristianizzare la Germania. Per diventare realtà essa necessitava di un profeta, che per designazione provvidenziale avrebbe guidato la nazione tedesca verso la conversione: costui era Hitler, acclamato dagli anni Trenta come “sacro tramite” dalla volontà popolare.
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