(S) Dopo la faticosa disamina della settimana scorsa sulla rinuncia alla verità nel grande caso della guerra israeliana-palestinese, te ne propongo un’altra, apparentemente più piccola: la vicenda della piccola Indi, cui sono state negate le cure in Inghilterra e il trasferimento in Italia, al Bambin Gesù.
(C) Mi faccio ispirare, una volta tanto, dagli articoli di “Repubblica”, il quotidiano che considero opposto al mio modo di pensare, cui devo dare atto di aver posto gli interrogativi più inquietanti. Riporta il sentimento dei genitori. “Mia figlia è morta ed è come se anche la mia vita in quel momento si fosse spenta”. Affida poi a Luigi Manconi la domanda: “A chi spetta la decisione sulla vita e sulla morte di Indi Gregory? I filosofi del diritto – spiega – le chiamano ‘scelte tragiche”.
(O) È già una domanda seria, il giorno prima la conclusione era tranciante: “Ma ProVita protesta indignata, come se la Corte d’appello avesse deciso di uccidere Indi: «L’ostinazione dei giudici è… qualcosa di semplicemente satanico». La fede contro la scienza medica”.
(S) Ecco, spunta il tema della verità, quello che non è scienza è una sciocchezza.
(O) Lo stesso Manconi propone però una voce dissonante, lo psichiatra Eugenio Borgna: «È disumano uccidere la speranza, anche se si rivelasse un’illusione… è anch’essa ‘sostegno vitale’ irrinunciabile.” Cita ancora Borgna: “«Gli ospedali psichiatrici erano pieni di malati abbandonati considerati dei rifiuti. Pur se curati molti non sono guariti; magari hanno vissuto poco, ma è stata loro restituita la dignità». E domanda: «Chi ha diritto di decidere se una vita è degna o no di essere vissuta?»”
(C) Continua Manconi: “In assenza di qualunque possibilità di sopravvivenza e in presenza di sofferenze lancinanti, continuare le terapie avrebbe avuto il solo effetto di prolungare il dolore. È quest’ultimo il grande rimosso della discussione pubblica sulle questioni del fine vita in Italia: la rilevanza che ha nella persona umana, e nel suo corpo e nel suo spirito, il peso della sofferenza non lenibile”; sulla base di questa affermazione conclude con una domanda retorica: “chi deve decidere della vita di una bambina di otto mesi? In altri termini: lo Stato, attraverso i giudici e le commissioni mediche, deve prevalere sulle “opzioni umane troppo umane” di coloro che hanno messo al mondo quella creatura? La scelta più razionale, appunto fondata giuridicamente e scientificamente, può ignorare la voce del cuore dei genitori?”
(S) Quindi la conclusione scientifica e razionale della civiltà contemporanea, giuridica e scientifica è per la morte? Infatti Manconi, Repubblica e l’intero universo postcristiano concludono che sì, come già si fa in Gran Bretagna per i feti affetti dalla sindrome Down: eliminati in utero.
(C) Attento: ecco l’argomento di Manconi, a mio parere non veritiero, ma verosimile, perciò lo riporto: la sofferenza è “una patologia essa stessa. Pressoché esauritasi la concezione religiosa che vedeva nel dolore un’opportunità di espiazione e di ascesi, resta un pregiudizio che sottovaluta quali effetti rovinosi abbia sulla dignità della persona, sulla sua capacità di esperienza e di relazione.”
Questo autorizzerebbe la soppressione, non della causa della sofferenza, ma del sofferente. Poi con quei mezzi pentimenti che lo rendono un pensatore interessante, ammette che la domanda di Borgna resta senza risposta e che occorre pensare ad un maggiore coinvolgimento dei genitori, ma la conclusione rimane, (pentimento del pentimento): “le questioni in gioco sono più grandi di noi: più grandi degli sviluppi straordinari delle biotecnologie, ma anche dello stesso amore di una madre e di un padre.”
(O) Forse nemmeno noi abbiamo una soluzione definitiva, però sappiamo che abbiamo un argomento non sfiorato da Manconi: che le questioni morali non sono decise né dalla scienza, meglio sarebbe dire in questo caso da certe tecniche, né dal sentimento, cui si vuole ridurre il rapporto genitoriale, ma da una concezione della persona umana che non scivola al livello della precarietà contingente degli interessi e continua ad accettare la sfida indomabile del destino e la sua domanda d’infinito.
(S) Sebastiano Conformi (C) Costante (O) Onirio Desti
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