Ci sono città in Italia che si identificano con una sola persona. Addirittura edificate intorno alla memoria di un’unica storia. Sono musei a cielo aperto dove ogni casa e ogni strada rimandano a un passato: Assisi è certamente una di queste.
La percorriamo in giorni grigi e dolorosi come i nuvoloni che incombono sulle colline. Le pietre antiche di cui sono costruite le basiliche e le chiese richiamano la durezza di tanti cuori che nel mondo sembrano aver smarrito la via della pace. Città faticosa, Assisi. Fatta di vicoli e strade da percorrere in salita, scale da arrampicare, sentieri su cui inerpicarsi, grotte a cui accedere.
Una visita all’eremo delle carceri stempera l’atmosfera sdolcinata in cui amiamo calare i protagonisti di questa storia: sassi come giacigli, strette porte attraverso cui si accede a spoglie stanze scavate nella nuda pietra. Solo il pensare che già nel 1200 centinaia di uomini e donne vivessero in queste ristrettezze mette i brividi.
Ad Assisi tutto parla di Francesco. Il facoltoso cavaliere che nel 1205 si spogliò di armi e abiti per dedicarsi ai fratelli, facendo voto di povertà e fondando il suo ordine religioso, sembra camminare ancora intatto tra la natura, gli alberi, i campi. A ottocento anni dalla nascita della “Regola” lo splendore dei tramonti ed il suono di innumerevoli campane, che annunciano le tante Messe celebrate nel borgo umbro, sono intrisi della sua voce e delle sue preghiere.
Tra gruppi di ciclisti che rischiano di investirti e comitive di giapponesi che fotografano ridendo (ma perché i giapponesi ridono sempre?) ci facciamo largo lungo il dedalo di viuzze che conducono alla Grande Basilica: «Vivere ad Assisi è come stare in paradiso» dichiarò anni fa un testimone insospettabile come David Bowie. Ma non deve essere stato l’unico a pensarla così se un giovane santo del mondo contemporaneo come Carlo Acutis ha chiesto di essere sepolto qui. Oggi le sue spoglie sono esposte e venerate nella Chiesa di Santa Maria Maggiore a pochi passi dalla bella Basilica di Santa Chiara, dove giace la sorella spirituale di Francesco.
Se non fosse per il gran numero di turisti e pellegrini e la presenza di molti ordini religiosi, il centro di Assisi sarebbe deserto. Anche qui inequivocabili i segni dell’invecchiamento del nostro Paese: resistono“bed and breakfast”, negozi per turisti, bar e ristoranti ma spariscono le ferramenta, le librerie, gli alimentari. Per trovare un supermercato devi percorrere non pochi chilometri fuori città. Molte case sono sfitte: i proprietari sono morti e gli eredi giovani preferiscono trasferirsi altrove.
Fendendo una siepe di smartphone e di iPad assetati di immagini, segno di una dolorosa difficoltà a guardare il reale e che tramuta il presente in un interminabile album, guadagniamo la tomba di Francesco nella Basilica Inferiore.
Il sepolcro, anch’esso in pietra, è povero e semplice come la vita che il Santo ha condotto. Accanto a lui le tombe dei primi amici con cui ha condiviso quella formidabile avventura.
Pace è la preghiera che sale da questo luogo. Quella pace tanto cara al patrono d’Italia proprio per aver conosciuto gli orrori della guerra nel conflitto tra la ghibellina Assisi e la guelfa Perugia. Ancor oggi la sua celebre preghiera è recitata non solo dai cristiani ma in tanti gruppi di “auto-aiuto” frequentati anche da non credenti: “Signore fa di me uno strumento della tua pace, dov’è odio che io porti l’amore, dove offesa che io porti il perdono, dov’è discordia che io porti armonia, dov’è errore che io porti la verità, dov’è dubbio che io porti la fede, dov’è disperazione che io porti speranza, dove sono le tenebre che io porti la luce, dov’è tristezza che io porti la gioia”.
Parole semplici capaci però di spaccare le pietre dei nostri cuori: e Dio solo sa quanto oggi ne abbiamo bisogno.
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