Impressionante in Islanda la piazza della capitale Reykjavík il 24 ottobre scorso per lo sciopero generale delle donne.
La presenza di migliaia di donne, più di settantamila, costituisce un successo senza precedenti in un paese che conta in tutto circa 370.000 abitanti.
“E questa la chiamate parità?” recitavano gli striscioni e i cartelli sventolati da ragazze e donne giovani e meno giovani, radunate per rivendicare la parità salariale e per denunciare la violenza sessuale e di genere ancora presenti nella società islandese.
Quel giorno il Paese si è fermato: negozi, banche, scuole, aziende, sono rimasti chiusi. Gli ospedali hanno funzionato solo per le emergenze.
Nella piazza colorata e pacifica le donne hanno testimoniato la necessità di compiere altri passi sulla strada dell’emancipazione femminile e questo nonostante la fama internazionale di paese a misura di donna. Per ben 14 anni consecutivi l’Islanda gode del primato assoluto dovuto al raggiungimento del 91% degli obiettivi.
Le donne islandesi reclamano più impegno per una vera parità: ci sono ancora troppi casi di professioni dove il divario salariale tra uomo e donna è del 21 e permane il problema delle violenze domestiche, inaccettabili e purtroppo poco riconosciute a livello sociale.
Lo sciopero del 24 ottobre ci ricorda che nessun diritto è acquisito per sempre e che dietro la medaglia di un “paese per donne” si muove un sistema ancora imperfetto.
Il messaggio della piazza va a tutte le donne, alle europee e ancor più alle italiane che di passi ne devono fare molti per spostare il paese dall’attuale settantanovesimo posto.
Le islandesi ci mostrano che l’unità del movimento femminile ne costituisce la forza.
In piazza c’erano tutte o quasi, a testimoniare la necessità di un cambiamento che farà bene al Paese al di là delle posizioni politiche e ideologiche di ciascuno.
Erano presenti la premier Katrín Jakobsdóttir con le ministre; Katrin Oddsdóttir, avvocato per i diritti umani con un ruolo importante nella stesura della nuova costituzione; Vilborg Arna Gissurardóttir, la prima a raggiungere la vetta del monte Everest dopo aver esplorato il Polo Sud da sola, Heida Birgisdóttir, surfista e snowboardista di fama mondiale.
Tra le altre, sindacaliste e responsabili di Enti pubblici, ognuna con un proprio messaggio.
“Mi aspetto che oggi nel nostro paese nessuna donna lavori” ha affermato la premier.
“Per questo giorno ci aspettiamo che padri, mariti, zii e fratelli si assumano le responsabilità legate alla famiglia e alla casa”.
La portavoce del BSRB, il più grande sindacato dei lavoratori pubblici, Freyia Steingrímsdóttir, spinge le donne ad abbandonare la mentalità del patriarcato a causa della quale ogni donna accetta il peso della cura esclusiva dei membri della famiglia.
Qualcuno sottolinea pure che “Alcune avranno iniziato a prepararsi in anticipo per rendere le cose più facili a casa in loro assenza. Se le donne scioperano ma facendo in modo che tutto a casa funzioni senza problemi, è perché accettiamo di non essere libere e autonome”.
Guardando la grande folla colorata di questo sciopero imponente, deduciamo che poiché un grande sciopero si è realizzato, ciò significa possiamo ridimensionare la retorica della consueta narrazione che definisce i paesi scandinavi quale paradiso in terra per le donne e rendere possibili insieme i cambiamenti necessari.
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