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Opinioni

VENDICARSI

ROBI RONZA - 10/11/2023

gazaNel notiziario via Internet della BBC si parla in questi giorni del caso di Khalil Khader, un tecnico elettronico trentaseienne dell’ospedale Al-Najjar di Rafah (Gaza) che ha perso in un colpo sotto un bombardamento israeliano, insieme alla sua casa, quattro figli tra i nove anni e i 18 mesi di età, il padre, fratelli, sorelle, cognata e nipoti, undici familiari in tutto. Soltanto sua moglie, ferita e ustionata, è stata tratta viva dalle macerie.

Khader, che abitava nelle vicinanze dell’ospedale, era al lavoro la notte del 20 ottobre quando ha visto arrivare dei suoi vicini feriti. Allarmato ha cominciato a telefonare ai suoi senza avere risposta. È corso quindi a casa ma si è trovato di fronte a un cumulo di macerie da cui appunto, salvo sua moglie, tutti i suoi familiari sono stati poi tratti senza vita. Il corpo di una sua sorella non è stato ancora trovato.

Vale la pena di soffermarsi in dettaglio su questo caso perché aiuta a meglio capire quali tragedie vi siano dietro i freddi numeri delle vittime civili dei bombardamenti israeliani su Gaza. Non importa domandarsi come mai un missile abbia colpito la casa di Khalil Khader, se per errore, per incidente o di proposito. In una situazione del genere tutte e tre le ipotesi sono possibili. E d’altra parte ricordo bene, per averlo visto a suo tempo con i miei occhi in Libano, che i miliziani palestinesi non esitano a piazzare installazioni militari a ridosso o al di sotto di abitazioni facendosi scudo dei loro civili.

Quanto accaduto è comunque una conseguenza della decisione di Netanyahu di bombardare Gaza “per vendetta”, per vendicarsi cioè del massacro e del rapimento di civili israeliani che commandos di Hamas hanno compiuto lo scorso 7 ottobre. Ebbene, questa vendetta può forse cancellare il dolore e la morte di quei civili, di quei vecchi, giovani e bambini su cui in quella sera quei commandos infierirono? Può forse compensare l’angoscia dei rapiti presi in ostaggio, tra cui qualche decina di immigrati dall’Asia, filippini e di altre nazionalità, del tutto estranei al conflitto tra palestinesi e israeliani, presi nei kibbutz dove si trovavano per lavoro?

È questa la domanda che si dovrebbe fare chi oggi in Israele vuole la vendetta, e chi l’ha voluta ieri e probabilmente la vorrà domani in ambiente palestinese. Non c’è altra via d’uscita da questa orrenda catena se non la decisione di una delle parti in causa di smettere di vendicarsi e di porsi sulla via del negoziato. Entrambe hanno abbastanza forza per evitare che il negoziato si risolva in una resa senza condizioni. E invece di perdersi in vane e ambigue dichiarazioni l’Unione Europea — parte in causa in forza del fatto che contribuisce largamente al finanziamento degli aiuti internazionali a Gaza — farebbe bene a premere in tal senso (cfr. in questo stesso sito: Gaza: quello che l’Unione Europea e l’Italia potrebbero fare se ci fossero, 31 luglio 2014).

www.robironza.wordpress.com

 

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