È passato troppo sotto traccia lo stanziamento di 259 milioni di euro da parte di Rete Ferroviaria Italiana –infrastrutture per la costruzione del quarto binario sulla tratta ferroviaria Rho – Parabiago. Nove chilometri in tutto destinati a stappare il collo di bottiglia dentro cui giornalmente si infilano tutti i treni in partenza da Milano con destinazione Domodossola, Luino, Varese, Passante S5 (Varese – Milano – Treviglio) più gli Eurocity e i merci diretti a Nord Ovest.
Da decenni ormai il primo braccio ferrato costruito verso nord mette impietosamente a nudo l’inadeguatezza, nonostante i miglioramenti tecnologici, della storica linea, peraltro di difficile ammodernamento perché corre ormai all’interno di un territorio densamente urbanizzato. Quasi una trincea di edifici e capannoni addossata ai binari in barba al buon senso e alle norme che avrebbero dovuto suggerire, a fianco delle grandi infrastrutture, fasce protette, in vista di prevedibili adeguamenti.
Dallo scioglimento di questo nodo gordiano dipendono, in buona sostanza, le possibilità di un miglioramento dei tempi di collegamento di Rfi tra Varese e Milano limando quelli attuali (un’ora e dieci minuti in media x 50 km.) e differenziando l’offerta con l’inserimento in giornata di alcuni convogli più veloci. Un tema avvertito nella città giardino la cui soluzione, sbandierata trasversalmente dalla politica, è oggettivamente lontana. Infatti soltanto con la costruzione del secondo lotto fino a Gallarate e lo snodo per Busto Arsizio si metterà la parola fine alla congestione che talvolta paralizza – e i pendolari ne sanno qualcosa – i pochi chilometri che separano Milano da Gallarate.
Quindi non servono promesse infondate, annunci al vento, serve piuttosto un monitoraggio costante e competente dei cantieri che prenderanno il via entro qualche mese. Non bisogna infatti dimenticare che per ben due volte negli ultimi anni il progetto si è infranto sui ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato promossi dai residenti coinvolti dall’ invasivo quanto necessario intervento. Nonostante il via libera al primo lotto di lavori sia un fatto ormai fuori discussione a Vanzago, località incisivamente toccata dalla nuova infrastruttura, permangono alcune criticità. Attraverso il loro sindaco, Guido Sangiovanni, i cittadini fanno sapere che intendono ridurre al minimo i danni ambientali – rumori, vibrazioni, espropri. Quest’ultimi si annunciano numerosi. Persino la stazione ferroviaria dovrà essere spostata come del resto il canale secondario del Villoresi.
È di tutta evidenza che il riassetto dell’intera linea avrà alla fine una ricaduta positiva su tutti i territori circostanti. In particolare potrebbe beneficiarne Varese impegnata con non poca fatica a ridisegnare il suo profilo urbano (area stazioni, largo Flaiano, Caserma Garibaldi e piazza Repubblica per ora gli investimenti più significativi) nella speranza di tornare ad essere un’opzione realistica per chi volesse scegliere di lavorare nella metropoli lombarda, ma di vivere in una ritrovata e davvero rilanciata città giardino, finalmente affrancata dal pendolarismo penitenziale.
Senza dimenticare tra l’altro che Varese, ha assunto dal 2018 una centralità ferroviaria internazionale e locale. La tanto attesa” Arcisate – Stabio” assicura l’aggancio con Malpensa e con l’elvetica Alptransit mentre via Mendrisio si è ritrovato il collegamento con Como – cancellato nel 1966 – e con la rete extraurbana ticinese, ormai quasi un metrò insubrico di superficie su cui qualche ulteriore riflessione va fatta.
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