“Ho cercato la mia anima e non l’ho trovata. Ho cercato Dio e non l’ho trovato. Ho cercato mio fratello e li ho trovati tutti e tre”, confida il poeta inglese William Blake.
La preghiera che Gesù insegna è scandalosa per il suo tempo. Dio non si poteva, per rispetto, raffigurare con immagini né chiamare per nome. Era già assurdo parlargli dandogli del tu, figuriamoci a considerarlo il proprio papà.
Se però Dio è proprio “mio padre” la conseguenza non è solo un dolciastro: dobbiamo essere “fratelli tutti”. Papa Francesco specifica che non è un traguardo sperato, ma è un dato di fatto e quindi un punto di partenza essenziale.
Quindi, se Dio è il creatore del mondo ed è mio padre, io sono l’erede, “il figlio del padrone”. Questo mette in questione tante nostre relazioni. Non sono chiamato ad essere solo obbediente, ma sulla realtà, sulla storia, sul mondo ho diretta responsabilità di gestione, di sviluppo, di tutela, di riparazione. Come amministratore delegato.
I fratelli e la situazione familiare non si scelgono. Si ricevono. Il legame è indelebile, al di là delle vicende felici o tristi, ma ognuno ha la libertà di decidere come viverlo.
È una scelta da rinnovare ogni mattina appena ci si alza. I nostri nonni avevano capito il valore di un “padre nostro” da pregare appena svegli, come primo gesto della giornata. Non era superstizione o bigottismo, ma iniezione di senso. Tutto attorno a noi lo fa. Proviamo a pensarci:
Il soffitto ti dice: Guarda in alto e non accartocciarti!: Padre nostro che sei nei cieli.
La sveglia ti dice: Apprezza ogni secondo che ti è donato!: Sia santificato il tuo nome.
La finestra ti dice: Apri la mente, il cuore, lo sguardo, le mani!: Venga il tuo regno.
Lo specchio ti dice: Ringrazia per la vita, per ciò che sei e hai!: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Il dentifricio ti dice: Sei fatto per gustare e non per sputare!:Dacci oggi il nostro pane quotidiano.
Il vestito ti dice: Indossa qualità e fragilità, vanno insieme!: Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo.
La scarpa ti dice: Attento a dove metti i piedi!: E non abbandonarci alla tentazione.
La porta ti dice: Scegli di fare bene e di fare il bene!: Ma liberaci dal male.
Sembra facile dire un “padre nostro”, ma chiede coraggio perché è coscienza del valore di sé, è plasmazione di identità, è assunzione di responsabilità, è investire in una qualità alta.
‘A chi bussa, sarà aperto’. Sarà aperto un nuovo orizzonte. ‘Chi cerca, trova’. Trova sé, la propria anima, Dio, gli altri. ‘Chiedete, vi sarà dato’. Ti rendi conto che sei il figlio del boss?
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