Lo sguardo è dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nel suo Rapporto Annuale sulla scuola. Contiene problemi e prospettive del nostro sistema scuola a confronto con altri sistemi scolastici.
La scuola italiana è sotto-finanziata, lo evidenzia Il Rapporto 2023, e questo nonostante sia diffusa la consapevolezza che un adeguato investimento economico è precondizione per un’istruzione di qualità.
Il PIL dedicato alla scuola raggiunge a fatica il 4,2%, a fronte di una media dei paesi OCSE del 5,1%. Con il 30% alla scuola primaria, il 16% alla secondaria di primo grado, il 30% alla secondaria di secondo grado e il restante 24% a università, master e dottorati.
L’OCSE ci segnala che invece siamo in buona compagnia con altri Paesi europei per il problema della carenza di docenti. Insegnare non attrae più, perché? Il fenomeno viene spiegato con la mancanza di attrattività della professione: il ruolo si è fatto via via più complesso mentre i salari restano bassi, soprattutto se rapportati alla retribuzione per altri impieghi di pari qualificazione, e restano inferiori almeno del 10% a quelli delle nazioni industrializzate.
Dal 2015 il potere di acquisto reale a causa dell’inflazione è addirittura diminuito: un docente italiano di scuola secondaria di secondo grado guadagna in media 32.588 euro, cioè il 20% in meno del salario medio lordo nei paesi OCSE.
Si ipotizza che in Italia il “risparmio” sugli stipendi del personale docente corrisponda proprio alla quantità di PIL che manca per allinearci alla media europea del 5,1%. Dati che fanno riflettere sul valore attribuito alla professione incaricata dell’istruzione e dell’educazione delle giovani generazioni, cioè di coloro che nei prossimi decenni saranno i responsabili della società.
Più fondi alla scuola potrebbero essere investiti anche nella formazione iniziale e poi in itinere del corpo docente, con una ricaduta altamente positiva come si è verificato altrove: più elevata qualità dei risultati scolastici, diminuzione degli abbandoni, rinnovamento della didattica grazie all’acquisizione di avanzate metodologie di lavoro.
Non abbiamo ancora una scuola al passo con i tempi, più efficiente nei tempi e più efficace negli esiti, più impegnata a fornire supporto alle problematiche individuali e collettive che riducono l’impegno scolastico degli adolescenti e dei giovani adulti.
Per potenziare il nostro livello di istruzione non dobbiamo rassegnarci a considerare “normali” percentuali come il 22% degli under 35 senza un titolo di studio; o l’11% di giovani tra i 18 e i 24 anni che ha abbandonato precocemente gli studi al Nord come al Sud.
Consoliamoci con alcuni tra i buoni esiti conseguiti: viene segnalata l’accresciuta attenzione per la scuola dell’infanzia, nonostante la diminuzione del numero dei bambini: un segnale positivo perché questo segmento dell’istruzione precoce fornisce ai bambini i fondamenti basilari per la riuscita nei gradi successivi.
Positivo può considerarsi l’aumento significativo del numero di donne laureate, insieme al fatto che più giovani donne scelgono di intraprendere studi tecnici e scientifici sostenendoli fino ai livelli più alti.
Sempre restando In attesa che il Rapporto OCSE del prossimo anno riesca a registrare il raggiungimento di altri obiettivi fondamentali.
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