Il merito di aver coniato il termine epigenetica è di Conrad Hal Waddinghton (biologo britannico) che in realtà non l’ha fatto ieri ma qualche decennio fa (1905-1975).
Epi deriva dal greco e significa sopra, sta ad indicare una branca ben specifica della genetica che si occupa dei cambiamenti fenotipici ereditabili da una cellula o da un organismo in cui però non si osserva la variazione del genotipo.
Per fenotipo si considera l’insieme delle caratteristiche morfologiche e funzionali di un organismo espressioni del suo genotipo e dalle influenze ambientali.
Il genotipo è la costituzione genetica di un individuo quella che si tramanda da generazione in generazioni da genitori a figli tramite la complessa molecola del DNA.
Tratti di fenotipo osservabili in una persona in modo semplice ed immediato sono ad esempio l’altezza, il colore degli occhi, il gruppo sanguigno.
Ora Waddinghton ha attirato l’attenzione sul fatto che esistono delle variazioni nell’espressione dei nostri geni che non sono provocate da vere e proprie mutazioni genetiche (del DNA) ma che possono essere talvolta anche trasmissibili.
Tradotto in modo forse più accessibile l’epigenetica studia quelle modificazioni e quei cambiamenti che sono in grado di variare il fenotipo di un individuo ma senza alterarne il genotipo.
Per capire quando stiamo affermando bisogna fare un piccolo passo indietro. Il DNA è contenuto in ogni nucleo cellulare è fatto da una doppia elica di unità che si ripetono, dette nucleotidi.
Esistono 4 tipi diversi di nucleotidi che si distinguono per la diversità di una delle loro componenti azotate, adenina, timina citosina e guanina.
La trascrizione dei geni contenuti nel DNA è regolata da fattori di trascrizione che si legano a particolari parti dell’elica e possono attivare o reprimere i geni.
Questi ultimi sono sequenze di DNA che contengono il codice per la produzione di una specifica proteina che a sua volta funziona su una o più cellule del nostro organismo e trasmettono i fattori ereditari.
Il segnale epigenetico è quindi quella modificazione all’accesso al DNA determinando di fatto una variazione del fenotipo, ma senza intaccare la sequenza genetica del DNA stesso.
Per fare un esempio tecnico, ma semplice, la metilazione (cioè l’aggiunta di un gruppo metilico) del DNA riduce la capacità di trascrizione del gene attivando o meno il sito promotore che, stando a monte dei geni, permette l’inizio della trascrizione degli stessi.
Ora perché questa scoperta è fondamentale e come ricade in modo diretto sulla vita noi tutti influenzando la nostra salute (e quella delle generazioni che ci seguiranno) in modo determinante?
Perché la modificazione epigenetica si è scoperto avviene in risposta a stimoli ambientali ed esterni che ci circondano, compresi stili di vita (fumo, alimentazione ed attività fisica) come se fosse un cambiamento adattivo delle nostre cellule.
Un esempio può essere una cellula del sistema nervoso (neurone) che può attivare adattamenti epigenetici per migliorare la memoria o in modo opposto per favorire l’insorgenza di malattie mentali o tumori.
Le variazioni epigenetiche possono essere tanto reversibili quanto ereditarie ma soprattutto possono avvenire a diversi stadi della vita sia in stadio embrionale, quando le cellule si differenziano, che quando l’organismo è ben sviluppato (da adulti).
Tutto ciò ha scatenato la ricerca in campo farmacologico terapeutico per individuare il modo di utilizzare l’epigenetica come terapia/prevenzione.
Nel frattempo bene faremo tutti a ricordarci che qualcosa, come sempre, possiamo farla noi per la nostra salute e soprattutto lo potranno fare i futuri genitori nel ‘prepararsi’ in modo corretto per assicurare ai nascituri la miglior base di partenza per la vita.
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