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Politica

POLEMICA D’EGITTO

ROBERTO CECCHI - 06/10/2023

Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino

Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino

Ormai, il tourbillon sull’Egizio di Torino è acqua passata. Non se ne parla più. Il clamore mediatico suscitato una quindicina di giorni fa s’è spento in un lampo, così com’era scoppiato, occupando improvvisamente le cronache dei giornali. E adesso, fortunatamente, il direttore del museo, Christian Greco, un egittologo di fama mondiale, che avrebbe dovuto essere sfrattato con un colpo di mano autoritario, d’altri tempi, è lì al suo posto, tranquillo, alla guida di uno dei musei più stimolanti e più belli di cui possiamo vantarci, avendo superato con un certo aplomb la tempesta mediatica che gli si è scatenata addosso senza ragione. Proprio senza nessuna ragione. Dunque, parrebbe del tutto inutile riproporre questo argomento, se non fosse che rimangono ancora diverse cose da chiarire su quanto è accaduto.

La storia, come forse si sa, è cosa vecchia, risale al 2018, quando l’opposizione di allora criticò la decisione del museo di proporre un buono sconto sul biglietto d’ingresso per i cittadini di lingua araba. Oggi, quelle critiche sono state rispolverate, aggiungendo che la gestione del museo sarebbe “ideologica e razzista contro gli Italiani”. Senza dire che, in realtà, è un’iniziativa che fa parte di una politica dei prezzi, nata per stimolare nuove visite al museo, com’era stato fatto in precedenza per altre categorie di persone, con l’ingresso gratuito il giorno del compleanno o l’ingresso due per uno per San Valentino (tutt’ora in vigore). Dunque, un modo tra tanti per far crescere questa realtà museale che in pochi anni, difatti, è passata da un numero esiguo di visitatori (circa cinquecentomila del 1996) ai quasi due milioni di adesso, facendone la prima realtà museale del Piemonte e una delle più importanti d’Italia.

Ora, bisogna sapere (e tutti non possono saperlo, perché si tratta di una questione molto particolare) che l’Egizio di Torino non è un museo come gli altri. Non è né pubblico né privato. È un misto. I beni esposti e il palazzo che li ospita sono di proprietà pubblica (dello Stato italiano), ma la gestione del museo ha carattere privatistico perché, una ventina d’anni fa, quei beni sono stati dati in concessione a un insieme di soggetti pubblici e privati, che hanno promosso e realizzato il progetto di riassetto museale che tutti conoscono. Tecnicamente, dunque, il museo Egizio è una fondazione di partecipazione (un’eccezione, nel panorama dei ca. 5000 musei italiani, che condivide solamente con altri due musei), governata da un consiglio di amministrazione (composto da un rappresentante del MIC, da uno della Regione Piemonte, da uno della città di Torino, da un altro della Compagnia di San Paolo, e dalla Fondazione CRT) e un comitato scientifico, che presiedono al funzionamento dell’istituzione. La nomina del suo direttore non dipende dal ministro della cultura, come accade in quasi tutti i musei statali, ma dal C.d.A. Dunque, l’invocazione di questi giorni affinchè “Greco faccia un gesto di dignità e si dimetta, altrimenti chiederemo al ministro della Cultura Sangiuliano di cacciarlo”, era una schioppettata a salve, perché la possibilità di rimuoverlo, pur volendo, non sta tra le potestà esclusive del ministro. Ma, per l’appunto, del Consiglio d’Amministrazione e non ad uno solo dei suoi componenti. Chi ha suscitato la polemica lo sapeva? Ha fatto finta di nulla?

Comunque sia, l’allarme è rientrato. Si sono mossi un po’ tutti per stigmatizzare quest’attacco violento, rivolto ad un soggetto di grande prestigio, chiamato a svolgere una funzione pubblica di tutto rispetto. Per chiudere definitivamente la questione, però, ha contato parecchio l’intervento di Giordano Bruno Guerri, lo storico che dirige il Vittoriale, che sicuramente di sinistra non è e che ha rilasciato una lunga intervista a «La Stampa» (22 settembre), nella quale tra l’altro ha affermato “Clamoroso se fosse una questione politica, la Lega sbaglia. Una punizione per gli sconti ai visitatori musulmani? Mi viene da ridere, è stata un’idea giusta”. E così, ha smontato definitivamente, in un attimo, una pericolosa bolla mediatica che non ha giovato né al museo né al Paese.

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