“I nostri pensieri, per quanto buoni, sono perle false finché che non vengono trasformati in azioni” (Gandhi). Come fare?
San Paolo osserva lo stile dei gesti di Gesù (parola che si fa carne e vangelo che si fa pane condiviso) e ci offre chiare indicazioni nel famoso “inno alla carità”.
In greco 3 vocaboli esprimono il medesimo concetto: “amore”
“filìa” è l’amore come legame (parentela, amicizia, interessi);
“eros” è l’amore come fusione di testa, cuore, anima, corpo;
“agape” è l’amore come dono totale e gratuito che si fa stile.
La prima condizione essenziale è l’oggi, il qui e ora. Se dico ti ho amato ieri o ti amerò domani, non c’è amore.
Puoi essere la persona più buona e generosa del mondo, ma se non ti incarni nell’oggi, sei come una solenne campana senza batacchio: va a vuoto.
L’amore-agape riguarda proprio “le azioni” di tutti i giorni, innescando dinamiche che richiedono cura e finezza.
L’agape fa crescere (magnanima: grande-magno anima) è la pazienza e la saggezza del coltivare, proteggere, curare.
L’agape edifica il bene (benevola) vuole bene e vuole IL bene: fa fare le cose bene, ti fa bene, fa cercare il bene, porta bene.
L’agape soffoca l’invidia (non è invidiosa), invece spesso si gode per gli insuccessi e si rode per le gioie degli altri.
L’agape prende la misura (non si vanta, non si gonfia): è la coscienza di sé, in verità e umiltà, perché solo chi chiama per nome i propri limiti li può superare.
L’agape non manca di rispetto, non cerca il suo interesse: l’egoismo non consiste nel vivere come mi pare, ma nell’esigere che gli altri vivano come pare a me.
L’agape non si adira, ma cerca di capire affrontando la causa.
L’agape non tiene conto del male ricevuto o del bene donato.
L’agape non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità: ci ricordiamo sempre e subito di quello che gli altri ci devono, ma non ci viene in mente mai ciò che noi dobbiamo agli altri.
Tutto scusa, tutto crede: ha il coraggio di pensare sempre bene.
Tutto spera e quindi mai ‘di-spera’.
Tutto sopporta e supporta: non solo “tiene su” sorregge (cogliendo ferite nascoste sotto i silenzi o dietro i musi lunghi), ma “porta-su”, fa crescere, alza di livello, cambia prospettiva.
Nello stile “amore agape” di Gesù il “mi piaci da morire” da parola dolce diventa azioni: lui d’amore ci è morto davvero per insegnarci a dire, ogni giorno, “mi piaci da vivere!”.
Come Dio, così fa chi ama, con piccoli gesti e non a parole, che rendono l’inno all’amore bello da vivere.
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