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Parole

VOTO ZERO

MARGHERITA GIROMINI - 29/09/2023

condottaSono contraria, per motivi pedagogici e politici oltre che personali, al ritorno del voto di condotta pensato e reso legge da questo Governo.

Essendo stata una studentessa studiosa ma vivace, chiacchierona e anche contestatrice, non avevo mai avuto accesso al 10 in condotta. Il 10 era monopolio di compagne e compagni di “buon carattere”. Prima tra tutti la secchiona della classe, silenziosa e obbediente ma scarsamente attiva sia nelle dinamiche del gruppo classe sia nella relazione con gli insegnanti.

Il voto massimo in condotta da sempre ha premiato l’obbedienza passiva e svalorizzato le capacità sociali e le manifestazioni di pensiero critico. Dopo anni di abbandono di fatto del voto di condotta, sostituito nella scuola dell’obbligo da giudizi discorsivi sul comportamento, assistiamo oggi alla sua rinascita, che nel caso odierno ha il sapore della rivincita.

Il Ministro dell’Istruzione e del Merito ha spinto questo tema al centro del dibattito, presentandolo come “la” risposta ai problemi creati dagli studenti violenti e bulli, purtroppo presenti in numero significativo nelle nostre scuole.

Ideologicamente convinto del valore di questa decisione ha affermato che “la riforma del voto di condotta riporterà la cultura del rispetto nelle scuole e rafforzerà l’autorevolezza dei docenti”. È opportuno ricordare che autorevolezza significa soprattutto “stima, credito, fiducia che si fondano sulla personalità di chi ne gode”. Autorità invece riguarda “la posizione di chi è investito dal potere, tutelato dalla legge, di emanare atti vincolanti per l’attività dei destinatari”.

Non sono la sola a ritenere che il voto di condotta, con annessa sospensione, rafforzi l’autorità e non invece l’autorevolezza dei docenti e della scuola nel suo complesso. Dubito che grazie a una tale legge l’autorità di docenti e dirigenti possa trasformarsi in autorevolezza: temo che le scelte di chi governa la scuola dal centro del Paese siano espressione di un pensiero educativo conservatore ormai superato dalle indicazioni pedagogiche globali.

Le parole sono spie del pensiero: casuale non era stato il ricorso al termine “umiliazione” utilizzato dal Ministro come un mezzo efficace per spingere gli studenti puniti alla consapevolezza dei propri errori. Non pochi pedagogisti hanno espresso dissenso verso la legge in questione: la linea di azione della politica governativa si palesa come un insieme di scelte volte alla riproposizione di un sistema educativo basato sul controllo e sul binomio premio/punizione.

Secondo Vanessa Roghi, storica e autrice di documentari per La Grande Storia di Rai Tre, non si possono trasformare gli insegnanti in tutori dell’ordine: la loro autorevolezza, lungi dall’essere rafforzata, riporterà indietro di qualche decennio le relazioni per attivare le quali si è molto lavorato nella scuola dagli anni novanta. Non si risolvono i problemi della scuola con modalità repressive, con bocciature legate alla condotta, con interventi delle forze dell’Ordine, con i cani antidroga.

Sono decisamente più efficaci, come dimostra la scuola Pertini di Palermo, i massicci interventi educativi realizzati intorno a concetti chiave come inclusione, tempo scuola, dialogo tra istituzioni e territorio. Con perseveranza e determinazione, l’impegno quotidiano di ogni docente ha portato il tasso di abbandono scolastico dell’Istituto dal 27% al12%.

In chiusura voglio ribadire la convinzione che possa crescere nel Paese una scuola dove i docenti affermino la vera autorevolezza che deriva loro dalle complesse competenze richieste dal ruolo, autorevolezza che vale il riconoscimento corale della loro funzione sociale da parte della società.

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