Ci sei o ci fai? Si dice. Il problema è che spesso non ci siamo e neanche facciamo.
“Quali segni fai perché ti crediamo?” viene chiesto a Gesù. La stessa domanda oggi la sentiamo rivolta a noi e potrebbe arrivarci da Dio stesso o da chi ci sta vicino:
“Dai gesti che compi, dallo stile che usi, dai criteri che scegli, che valore traspare come decisivo per la tua vita? Quale verità di te offri? Insomma, ci sei o ci fai?”.
Ogni tanto si ha l’impressione che ci comportiamo con la vita come succede per una partita di calcio in TV. Il più delle volte appassionati commentatori la descrivono con i loro pareri, sottotitolati da chi da casa dice la sua.
Tutti avrebbero fatto meglio dei giocatori e degli arbitri. Si discute agitati e si urla per far valere la propria opinione, ma di fatto le azioni non si vedono (sono “in nero”).
Quando la partita è “in chiaro” e tutti la possono seguire, la telecronaca riduce al minimo giudizio soggettivo perché parlano i fatti, suscitando emozioni interiori. Ci sei o ci fai? Parole o fatti?
Discriminante è la scelta del “pane di vita”, di ciò che sazia e di ciò che dà gusto. Non è la stessa cosa scrivere TVB e volere il bene dell’altro. Non tutte le persone sposate sono mariti o mogli. C’è differenza tra avere un figlio e essere padre/madre.
Ma basta una pausa a far cambiare completamente prospettiva. Alcuni esperti di comunicazione hanno lanciato una campagna dal titolo geniale: PAROLE O_STILI. Uno spazio vuoto disinnesca l’ostile e lo rende scelta di stile.
È come suggerire di dire a se stessi: Fermati! Aspetta! E…Parla solo di ciò che avresti il coraggio di dire in faccia. Ripetiti “Nessuno ha sempre ragione, neanch’io”.
Prendi tempo per esprimerti al meglio, senza impulsività. Prima di parlare ascolta con onestà e apertura. Condividi solo dopo aver letto, compreso, valutato.
Prendi coscienza che c’è sempre un’eco positiva o negativa. Scegli le parole per abbattere muri e creare ponti. Convinciti che le idee si discutono, le persone si rispettano. Non tollerare offese, aggressività, cafonerie: gli insulti non sono mai argomenti validi. Quando il silenzio è la scelta migliore, taci.
In sintesi è il proverbio delle “10 P”: Prima Pensa Poi Parla Perché Parole Poco Ponderate Portano Pentimenti.
Ma… “Basta parole, voglio i fatti! Se avessi voluto solo parole mi sarei comprata un dizionario!”, urla Mafalda in un fumetto.
Siamo maestri sul “cosa” dire, siamo esperti del “come” dirlo, ma quanto investiamo sui “perché” che incarnano le parole?
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