Rivedere il film ‘Scusa se esisto’ diretto nel 2014 da Riccardo Milani con protagonista femminile Paola Cortellesi e ispirato alla vita dell’architetto Guendalina Salimei, vincitrice nel 2009 di un progetto per la riqualificazione del terzo, quarto e quinto piano del Corviale di Roma, opera di edilizia popolare di Mario Fiorentino del 1972, fa pensare.
Perché mai come in questo momento si fa evidente l’importanza che anche urbanistica, architettura e ricerca del bello rivestono nella vita di ciascuno.
L’allora giovane Salimei, poi nota architetto, aveva visto in anticipo quanto politici amministratori immobiliaristi e persino certi colleghi, dediti più agli affari che al mestiere, non avevano saputo o voluto cogliere nei loro progetti; ripartire dall’accudimento urbanistico all’insegna del buono e del bello. Con spazi socializzanti, botteghe artigiane e il verde necessario ai giochi dei bambini e alle oneste chiacchiere degli anziani.
La terribile vicenda di Caivano, e altre simili storie di abbandoni di periferie, luoghi di vita e di morte, dove a dominare non è certo la bellezza, ma sono blocchi di cemento buttati a caso, ci confermano l’importanza di gettare sempre più cuore e occhi sulle realtà estreme del nostro mondo.
Difficile rispondere al perché di tanto declino, di realtà vicine e parallele alle nostre, eppure così terribilmente lontane dalla normalità. Dove la sopraffazione a opera di mafia e delinquenza comune subentra a legalità e buon vivere. Ma niente uccide più del fatto di non essere visti e considerati. Perché la compiacenza interessata di organizzazioni a delinquere approfitta del cedimento sociale e individuale determinato dall’abbandono.
E si sa che l’abbandono è terreno fertile per piantare la bandiera dell’illegalità. Si parla a proposito di minori sempre più giovani che delinquono, del ruolo delle famiglie, della scuola e di altre agenzie deputate all’educazione e alla vigilanza. Ma si parla in generale anche della necessità di poter vivere in luoghi più adeguati; con case e scuole e spazi ricreativi e sportivi accoglienti. Dove le richieste più urgenti, ma anche le potenzialità e creatività di ciascuno, abbiano accoglienza e risposte. Una preoccupazione e un impegno espressi del resto da urbanisti e architetti avveduti già anni fa. In una intervista al Sole24Ore Renzo Piano raccomandò la necessità di non più costruire nelle città, ma “costruire sul già costruito e far rivivere piuttosto le periferie: e se si deve fare un nuovo ospedale meglio farlo in periferia, così per le sale da concerto, i teatri, i musei o le università”.
Sarà un caso che a Caivano, luogo di altissimo degrado, la prima risposta è arrivata attraverso il messaggio della street Art, nell’opera ‘Nessuno resti solo’ di Igor Scalisi Palminteri.
Una parete nuda e dimenticata, flagellata dall’incuria di anni, grida il suo dolore attraverso i colori e la coraggiosa mano dell’ artista, che ha occhi per vedere e cuore e mani per raccontare. E per indicare la via della rinascita: partendo proprio dalla rappresentazione delle due ragazzine con l’abito rosso, icone di un martirio consumato per anni nell’immondezzaio materiale e sociale di una comunità sporcata, sfigurata e ormai indifferente. Perché a Caivano nulla funziona, nulla è fruibile e votato a dare serenità. Lo dicono tanti tra gli abitanti, dichiarando di volersene andare. Ma qualcuno che ancora crede vorrebbe invece rimanere. E iniziare una nuova vita.
Caivano è irrecuperabile?
Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori. Così cantava Faber, il bravo Fabrizio De André, cantautore degli emarginati e poeta degli sconfitti, amico di prostitute e vagabondi.
Era stato battezzato come tale dall’amico Paolo Villaggio, in omaggio al suo amore per i pastelli della Faber Castell. Li usava per disegnare e dar corpo ai suoi sogni di visionario.
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