Che cosa è l’intelligenza artificiale? Ecco la risposta dello stesso ChatGpt, il più diffuso sito di intelligenza artificiale: “L’intelligenza artificiale (Ai) è un campo dell’informatica che si concentra sulla creazione di sistemi e programmi informatici in grado di eseguire compiti che richiedono solitamente l’intelligenza umana. Questi sistemi sono progettati per imitare alcune delle capacità cognitive umane, come il pensiero, il ragionamento, il problem-solving, l’apprendimento, la percezione sensoriale e la comprensione del linguaggio naturale”.
E lo stesso ChatGpt indica i pericoli insisti in questa evoluzione informatica: disoccupazione tecnologica, discriminazione sociale, violazione della privacy e della sicurezza, incertezza della responsabilità legale, scarsa trasparenza delle fonti, controllo degli utenti, impatti sulla salute e sulla coesione sociale.
Di fronte a novità di così forte impatto è del tutto naturale che si pongano in primo piano i rischi per se stessi e per la società. Il cambiamento è sempre difficile da accettare. E in questo caso ci sono tutti i requisiti per pensare di essere di fronte a cambiamenti radicali del modo di vivere, di lavorare, di utilizzare il tempo. In sintesi: le macchine possono avere il sopravvento sulle persone, possono provocare la soppressione di posti di lavoro, possono sostituire l’attività umana in molte funzioni limitando fortemente le relazioni tra le persone. Già ora chiamando un call center per avere un’informazione ci può rispondere un chatbot, cioè un sistema di intelligenza artificiale, al posto di una persona in carne ed ossa.
Ma proprio l’avvento dell’intelligenza artificiale pone in primo piano la necessità di mettere al primo posto e di utilizzare il più possibile l’intelligenza naturale. Un approccio razionale all’Ai impone infatti l’esigenza di realizzare un sistema di regole che impediscano utilizzazioni che violino i diritti e la dignità delle persone: è quanto sta facendo l’Unione europea che ha varato una prima direttiva sugli obblighi delle società che utilizzano in ogni campo l’Ai.
Il secondo passo è quello di bloccare i lati negativi e sfruttare quelli positivi dell’Ai. I computer e i robot possono sostituire il lavoro umano dove è pericoloso, banale e ripetitivo, ma ci sono molte cose che le macchine non sanno e non sapranno mai fare perché mancano di creatività, di intuizione, di sentimento, di valori immateriali. In questa prospettiva è lecito credere che i posti di lavoro che saranno soppressi saranno compensati dall’esigenza di tecnici specializzati per progettare, gestire, sostenere le nuove iniziative.
Ma c’è un’esigenza di fondo che non va dimenticata ed è quella di mantenere un’attenzione critica verso le potenzialità e i risultati delle nuove tecnologie. Attenzione critica che vuol dire mettere le macchine e i computer più sofisticati al servizio delle persone: ci sono caratteri distintivi nel lavoro artigianale, nelle competenze professionali, così come nella strategia delle piccole e medie imprese che costituiscono un valore aggiunto che va salvaguardato.
Con un’intelligenza naturale che va sollecitata e valorizzata anche nei consumatori, in tutti coloro che utilizzano gli strumenti informatici: ci sono già troppi esempi di schiavi del telefonino e dei social network, persone che perdono il valore del tempo della loro dignità. Un richiamo all’intelligenza (naturale) è più che doveroso.
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