Dal profilo sportivo il 1951 fu un anno straordinario per la città di Varese. Antonio Ambrosetti, con l’aiuto di tutta la famiglia, riuscì ad organizzare i campionati mondiali di ciclismo su strada sfumati nel 1939 per lo scoppio della seconda guerra mondiale il 1° settembre di quello stesso anno. Per introdurre degnamente la corsa iridata si pensò a una grande notte di pugilato allo stadio di Masnago. Indiscusso protagonista fu il triestino Tiberio Mitri, amatissimo dal pubblico di bordo ring ma anche da quello più numeroso, all’epoca, dei rotocalchi e dei fotoromanzi.
Il match si inseriva di diritto nel periodo d’oro che la Provincia di Varese stava vivendo, anche a livello sportivo, dopo gli anni della guerra. Nel ’47 alla ribalta del canottaggio internazionale si erano affacciati gli otto “uomini d’oro” della Schiranna che nel primo dopoguerra collezionarono dodici titoli tricolori, tre europei, la medaglia d’argento alle Olimpiadi di Londra, i Giochi del Mediterraneo e quant’altro ancora. Cominciava intanto a farsi strada il basket che sarebbe diventata la disciplina principe della città capoluogo mentre il gran maestro del ciclismo nazionale altri non era che Alfredo Binda, il campionissimo di Cittiglio.
Tiberio Mitri (1926) arrivò sul ring di Varese carico di gloria, di polemiche e di pettegolezzi. Ad appena venticinque anni poteva già vantare un passato luminosissimo: titolo italiano a ventidue, europeo a ventitré, fisico armonioso, elegante, viso da attore, classe da vendere e moglie bellissima, Fulvia Franco, miss Italia 1948. Prematuramente opposto a Jack La Motta per il titolo mondiale dei medi a New York, il 12 luglio 1950, venne sconfitto ai punti in 15 riprese, ma la punizione subita dal “toro del Bronx” segnò in maniera indelebile la sua carriera pugilistica. Dalla sconfitta americana era riemerso attraverso tre incontri di routine. Quello varesino con il francese Gilbert Stock si annunciava invece come un collaudo più serio sulla strada della sua ricostruzione ad alto livello.
Naturale dunque che ci fosse grande attesa per vedere all’opera il triestino. Ma quel combattimento trascendeva il fatto agonistico in sé, per il bel Tiberio c’era molta curiosità mondana dettata dagli insistenti scricchiolii del suo matrimonio, dalle frequenti apparizioni alle feste romane ante dolce vita. Il combattimento filò via senza intoppi per il campione triestino nonostante fosse ripresa a cadere una lieve, fastidiosa pioggia. Così lo descrisse sulla Prealpina un anonimo cronista: << Mitri ha prevalso al termine delle dieci riprese condotte a tutta andatura. Il triestino che ha avuto a suo vantaggio almeno sette della riprese, ha dimostrato di essere in piena forma per l’autorevolezza nell’imporre il suo gioco, per il perfetto uso del sinistro ed il buon impiego del destro… Stock è stato un coraggioso e coriaceo avversario e non ha per nulla sfigurato, anche se almeno una classe divide i due uomini…>> Quella sera sul ring di Masnago salì anche un altro atleta di Trieste, Duilio Loi, che di lì a qualche anno avrebbe rubato il proscenio al bel Tiberio. Di soli tre anni più giovane, brevilineo elegante e di naturale talento stava costruendo, tessera dopo tessera, il mosaico di una straordinaria carriera che lo porterà al mondiale dei medi junior il primo settembre del 1960. Quella sera si sbarazzò in due riprese dello statunitense Leyton impressionando per la precisione e la velocità degli scambi a cortissima distanza. Si infranse invece sui guantoni di Charles Humez, ex minatore francese, fino al 1957 dominatore della categoria dei medi a livello europeo, la parabola pugilistica di Tiberio Mitri. Nel 2001, dopo lunghi anni di tribolazioni, amarezze e una devastante malattia, si congedò dalla vita.
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